Sempre la vittima

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Mi fissò negli occhi, freddo, vuoto e duro. La sua voce pacata smentiva l’espressione del suo volto. “Va tutto bene, Jill. Non ti biasimo per questo”.

Sbattei le palpebre, spalancando gli occhi. Davvero? Le sue stesse scelte avevano portato alle sue conseguenze. Esposi con cura le prove, la doppiezza in cui era rimasto invischiato, la rete che aveva tessuto per se stesso.

Parlò di nuovo. “Non ti biasimo. Non te ne farò una colpa”. Non vedeva in se stesso alcun errore, anche se in passato era stato avvertito di questo. Se ne andò e io riflettei sulla sua incapacità di vedere se stesso.

O forse riconosceva i suoi difetti, ma aveva troppa paura di ammetterli? O semplicemente proiettava i suoi errori sugli altri per farli sentire in colpa per i suoi problemi? Lo faceva con innocenza o con manipolazione?

Aveva importanza?

La mia mente ha ripensato al primo peccato del mondo e alle sue ripercussioni. Dalla caduta di Adamo ed Eva, l’umanità ha cercato di scaricare la colpa sugli altri, giustificando invece la propria persona. “È stata la donna che tu mi hai messa accanto” e poi “è stato il serpente”. Perché è così difficile vedere noi stessi?

Diversi anni dopo, ho scoperto questo modo da scaricabarile in un’altra persona. Peter* aveva un talento incredibile, ma era insicuro. Astuto e manipolatore, sembrava sempre essere quello che aveva subito il torto più grande. Le varie situazioni non erano mai colpa sua, era sempre colpa di qualcun altro. Per alcuni anni mi sono sentita dispiaciuta per Peter e per quello che aveva subito, finché non ho scoperto che le cose non erano come sembravano. Non era stato maltrattato come aveva fatto credere, ma semplicemente portava il vittimismo come un distintivo d’onore.

Il giorno in cui ha detto: “Per favore, non sentirti in colpa per quello che mi hai fatto”, è stato il giorno in cui la verità è venuta a galla. Non avevamo fatto nulla, se non chiedergli di rispondere delle sue azioni. Non c’erano state parole dette in maniera aggressiva, né irritazione, né voci alzate. Solo una semplice dichiarazione, che gli chiedeva di rispettare i limiti posti. Immediatamente, Peter si è rituffato nel suo vittimismo, incolpando gli altri per averlo ritenuto responsabile delle sue azioni.

Tutti noi incontriamo persone che ci suscitano determinate emozioni. Come dobbiamo reagire? Sto ancora imparando, ma ho scoperto tre chiavi per gestire la vittima e il suo vittimismo:

 

  1. Riconoscere la vittima in me. Incolpo gli altri per i miei fallimenti? Mi sono mai giustificato condannando qualcun altro? L’auto-consapevolezza è fondamentale per intraprendere qualsiasi percorso.
  2. Non lasciare che le emozioni degli altri mi influenzino. La mia giornata è mai stata rovinata dalle osservazioni o addirittura dall’ostilità di un’altra persona? Radicare me stesso in Cristo, non nell’approvazione altrui, è la vera chiave per crescere.
  3. Sapere quando stare in silenzio. Non cercate di difendervi o di dare spiegazioni agli altri. Restate in silenzio e vivete semplicemente la vostra vita. Siate i cristiani che il Signore vi ha chiamato a essere.

 

Signore, aiutami a vedere la mia persona e i miei sbagli.

 

*Non è il suo vero nome

 

 

Di Jill Morikone; insieme a suo marito Greg, vive nel sud dell’Illinois, dove hanno la gioia di lavorare insieme per l’opera del Signore.

Fonte: https://adventistreview.org/journeys-with-jesus/always-the-victim/

Traduzione: Tiziana Calà

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