Durante le feste (ma non solo), i nostri bilanci spesso vanno in tilt, mentre ci sfiniamo alla ricerca di regali che facciano almeno una buona impressione, se non addirittura che sprigionino gioia profonda dal cuore di chi li riceve. In questa frenesia, però, non dobbiamo dimenticare che stiamo insegnando ai nostri figli, consapevolmente o meno, lezioni preziose sul significato del donare.
Se guardiamo ai giocattoli disponibili per i bambini di un secolo e mezzo fa, troviamo oggetti di cui molti di noi hanno solo letto o sentito descrivere, e altri che hanno viaggiato nel tempo con alcuni significativi aggiornamenti estetici: cappelli e barchette di carta, palle di pezza, tamburi e trombette, soldatini di latta, cavallini di legno, blocchi da costruzione e bambole di legno, stoffa o porcellana. Alcuni erano universalmente accessibili, come i cerchi di plastica, mentre altri erano oggetti di lusso riservati ai più abbienti, come le bambole in grado di parlare o con braccia e teste mobili.
Al confronto, oggi questi giocattoli sembrano piuttosto banali. I giocattoli moderni vanno dai palloni di cuoio, agli animali di peluche da collezione, alle bambole di moda di alta gamma, ai sofisticati set Lego e alle penne parlanti che accompagnano i libri interattivi.
Ciò che non è cambiato è il modo in cui questi mondi si incastrano, come ha astutamente osservato la scrittrice Ioana Pârvulescu, come le matrioske russe. Il grande mondo “reale” racchiude il mondo più piccolo dei bambini, che a sua volta racchiude l’incantevole regno in miniatura dei giocattoli. Nel delicato arazzo dell’infanzia, i viaggi in questo universo di giocattoli (o attività di intrattenimento), che si espande febbrilmente nella società consumistica di oggi, restano i regali più ambiti.
Da un unico “mese dei regali”, come veniva chiamato il mese di dicembre durante l’era comunista in Romania, nonostante la difficoltà di procurarsi oggetti che oggi non ci sogneremmo di regalare (come le saponette), siamo arrivati, attirati dalla travolgente abbondanza del mercato, a una celebrazione quasi perpetua dei regali. Il crescente appetito dei bambini per i giocattoli sempre più sofisticati che si trovano sugli scaffali dei negozi si intreccia con il naturale desiderio dei genitori di portare gioia ai propri figli. Regalare rimane un atto che semina gioia sia in chi lo fa sia in chi lo riceve. Tuttavia, può mancare il bersaglio se non impariamo e insegniamo ai nostri figli come ricevere e, a loro volta, come donare.
MaryEllen, una madre che si dedica a promuovere la gratitudine nei suoi figli, scrive sul suo blog le strategie che utilizza per instillare questa virtù. Una festa di compleanno o una serata di Natale possono essere rapidamente rovinate durante quello che dovrebbe essere il momento più atteso: lo scarto dei regali. Invece di occhi spalancati e di gioiosi “grazie”, troppo spesso i suoni dell’irritazione riempiono l’aria: regali gettati via con fastidio, seguiti da frasi indignate: “Non lo voglio!”; “Cos’altro mi hai regalato?”; “Perché loro hanno ricevuto più di me?”.
Anche quando le reazioni dei bambini sono deludenti, soprattutto se manifestate di fronte ad altri o in risposta a regali di parenti o amici, MaryEllen si impegna a insegnare ai suoi figli che la gratitudine è una scelta. È consapevole che sviluppare il “muscolo” della gratitudine richiede tempo e va oltre il semplice fingere di sentirsi grati. Tra le strategie che trova efficaci ci sono le conversazioni preventive in cui insegna ai figli a ringraziare per ogni regalo che ricevono, incoraggiandoli a scrivere biglietti di ringraziamento a chi fa i regali e concentrandosi su ciò che donano piuttosto che su ciò che si aspettano di ricevere durante le occasioni che prevedono sia il donare sia il ricevere.
Gli esperti spiegano perché la capacità di esprimere gratitudine per i regali non si sviluppa così facilmente come i genitori sperano. Poiché il cervello dei bambini non è ancora completamente sviluppato, essi faticano a capire che le altre persone hanno pensieri, sentimenti e prospettive diverse dalle loro. Spesso i bambini danno più valore al regalo in sé che ai sentimenti o alle intenzioni di chi lo fa. Tuttavia, le spiegazioni dei genitori possono aiutarli a comprendere il messaggio d’amore che si cela dietro un regalo.
Insegnare ai bambini a fare regali offre loro l’opportunità di esercitare l’empatia, di comprendere i bisogni e i desideri degli altri e di sviluppare competenze finanziarie e sociali. Le ricerche dimostrano che all’età di quattro anni i bambini iniziano ad avere meno difficoltà a scegliere un regalo per la madre. Se i loro desideri sono stati soddisfatti o se è stato promesso loro che lo saranno, è più probabile che scelgano un regalo in linea con le preferenze della madre. A questa età iniziano a scegliere regali che riflettono i desideri del destinatario piuttosto che i propri.
“In un mondo saturo di messaggi sul meritare per ricevere, i genitori possono guidare i bambini a scoprire la gioia di donare fin da piccoli”, osserva Susan Crites Price, autrice ed esperta di integrazione della filantropia nella vita familiare. Secondo Price, quando un bambino inizia a usare il pronome possessivo “mio”, è pronto a imparare le prime lezioni di generosità.
In definitiva, poiché siamo facilmente fuorviati da innumerevoli cartelli che indicano la felicità attraverso l’acquisizione materiale, bisogna insegnare ai bambini, attraverso il potere dell’esempio, che se esiste un regno di vera felicità, lo si può trovare solo rimanendo sulla mappa delle relazioni significative. Questo è uno dei motivi per cui i regali non dovrebbero mai essere il fulcro di qualsiasi celebrazione, che sia Natale o un compleanno. Servono invece come bonus, un gesto in più che dimostra che comprendiamo e ci preoccupiamo di ciò che emoziona, delizia o soddisfa i desideri e i bisogni di chi ci circonda.
Una bicicletta viola, un paio di orecchini di diamanti, una teiera di porcellana, un puzzle, una piastra per capelli e una confezione di zuppa istantanea: questi sono alcuni degli oggetti citati in un sondaggio sui regali migliori e peggiori che i destinatari abbiano mai ricevuto. Sebbene si possa essere tentati di pensare di sapere esattamente a quale categoria appartiene ognuno di questi regali, le probabilità di sbagliarsi sono sorprendentemente alte.
Prendiamo ad esempio la piastra per capelli. È stata regalata a una giovane donna che adorava i suoi riccioli naturali e non avrebbe mai pensato di separarsene. Gli orecchini di diamanti? Sono andati a una fidanzata il cui partner, dopo tre anni insieme, non si era accorto che lei non portava gioielli di quel tipo e non aveva nemmeno i buchi alle orecchie. Al contrario, la zuppa istantanea, con un sapore particolare, si è rivelata un regalo perfetto per una madre da dare al figlio che amava quel sapore difficile da trovare.
In definitiva, a prescindere dal fatto che il regalo sia o meno uno dei linguaggi dell’amore che parliamo correntemente, dovremmo ricordare che il dono più prezioso che possiamo offrire è il tempo che trascorriamo l’uno con l’altro. Anche durante la cosiddetta “stagione dei regali”, stare insieme rimane il modo più significativo per esprimere l’amore.
Questa semplice verità, sempre più trascurata nella società moderna, è stata riscoperta dal famoso ricercatore sulla felicità Robert Biswas-Diener durante uno studio sui Boscimani del Kalahari. Dopo aver trascorso con loro una giornata di caccia nel deserto rovente, senza riuscire a catturare nulla, il ricercatore è rimasto stupito nel vedere i membri della tribù tornare al loro villaggio cantando con gioia. Incuriosito dalla fonte di questa allegria apparentemente fuori luogo, Biswas-Diener cercò una spiegazione. Uno degli uomini, altrettanto sorpreso che ci fosse qualcosa da spiegare in una situazione così ovvia, gli offrì una profonda lezione di felicità: “Non abbiamo preso niente, ma non abbiamo preso niente insieme”.
Di Carmen Lăiu, redattrice di Signs of the Times Romania e ST Network.
Fonte: https://st.network/analysis/top/gifts-that-dont-impoverish-us.html
Traduzione: Tiziana Calà