Conobbi Edith Barelli nel 1981, quando avevo appena cominciato il moi ministerio pastorale. Era un giorno autunnale in cui il vento faceva cadere le foglie morte. Improvvisamente, mi resi conto che era uno spirito libero, una personalità fuori dal comune. Con una cura particolare, riusciva a mescolare l’intransigenza con la generosità. Era una persona di convinzioni, evitava i giri di parole, e aveva lo zelo di convincere i suoi interlocutori. Si può solo dire che era appassionata.
Durante la sua vita, aveva avuto sete di imparare, la preoccupazione di condividere, la forza di combattere le ingiustizie. Era disponibile, tendeva la mano agli altri, si batteva per i più fragili. Il grande combattimento della sua vita era senza dubbio quello dei diversamente abili. Era anche la sua ferita. Fu presidente della lega del Giura delle paralisi celebrali durante vari anni. Armata solo della sua determinazione, fece conoscere e sventolare la causa dei diversamente abili nel Giura e oltre. Riuscì a consolidare l’idea che il diversamente abile era prima di tutto una persona. Era presente e impegnata anche in seno alla chiesa Avventista. Chi ricorda le sue visioni a volte fastidiose, le sue ricerche profonde ed esistenziali, le sue opinioni contro il bigottismo e i cliché? Edith Barelli possedeva una fede ben ancorata nel profondo del suo cuore. Mi ricorderò delle numerose discussioni quando ero suo pastore, i nostri confronti, e le nostre convergenze. Se n’è andata, con suoi passetti tranquilli, come una persona libera. È una figura che ha fatto la differenza, che è contata per molti.