Per molti, la morte dell’icona Kobe Bryant, di sua figlia Gianna e di altre sette vittime, avvenuta domenica 26 gennaio, è stata una notizia sconvolgente, devastante e impensabile. Non appena la notizia è stata divulgata, i cuori di milioni di persone che rispettavano e ammiravano il defunto sportivo hanno subito un duro colpo. Molti hanno espresso che non si trattava di conoscere l’uomo, o di seguire la sua carriera, ma piuttosto dell’esperienza umana. Tutti noi possiamo relazionarci con la certezza con cui parliamo con la famiglia e con gli amici, con cui li salutiamo ogni giorno, certi di rivederli più tardi.
La morte spesso ci ricorda la nostra stessa mortalità come esseri umani. Non può essere controllata, ed è facile sentirsi privi del controllo quando si cerca di gestire le nostre reazioni di fronte a una perdita. Molti traggono la lezione che la vita è fugace e diventa chiaro che la morte è il grande equalizzatore, a prescindere dalla persona in questione. Tuttavia, al di là delle lezioni che cerchiamo di trarre, la morte e il morire sono molto diversi nell’era digitale.
La morte nell’era digitale
I social media ci danno la possibilità di condividere lo shock, la tristezza e la rabbia per le circostanze di questa tragica morte. Siamo contemporaneamente confortati e intorpiditi dai momenti memorabili mostrati in loop dai notiziari. È interessante notare che lo sport è stato spesso il modo in cui le persone possono rilassarsi e sfuggire alle cose che le infastidivano. In questo momento storico, anche le principali stazioni sportive ricordano tutte il grande atleta, facendo sì che molti si sentano inondati di dolore senza riuscire però ad affrontarlo.
Condividere la solidarietà e trovare un terreno comune con una comunità di persone in lutto è una normale espressione. Ma il contenuto non-stop è il lato negativo del lutto scatenato dai social media. Il lutto come comunità è una caratteristica delle persone di colore. Molti sentono che perdere Kobe è stato come perdere il proprio fratello o amico. Era parte integrante della nostra cultura e delle nostre comunità, rendendo la sua perdita una sconfitta intima. Tale perdita fa sì che molti si sentano combattuti dalla sensazione che la comunità ha bisogno di loro, che saranno meno informati se si concederanno una “pausa di dolore”, il tutto mentre sentono la pressione di esprimere come l’icona ha avuto un impatto personale sulla loro vita.
Ecco alcuni consigli utili da prendere in considerazione quando si riflette e si elabora il modo in cui viene espressa la reazione alla perdita:
- Prendetevi del tempo per diventare consapevoli
Cosa comporta la morte? Come accennato in precedenza, la morte può far realizzare il proprio senso di mortalità. Non c’è un sentimento giusto o sbagliato da provare durante il lutto. Tutte le emozioni sono valide, anche di fronte alla scomparsa di una persona che non hai mai incontrato personalmente. Non c’è bisogno di incontrare qualcuno per sperimentare il dolore dei familiari e degli amici che soffrono. Essere nervosi e ansiosi, anche sentirsi fisicamente malati al pensiero di ciò che un altro essere umano sta sperimentando, sono solo alcune delle cose che il dolore può scatenare dentro di noi. Questi sentimenti sono perfettamente normali. È però importante essere consapevoli di come si sta reagendo al dolore, sempre prendendosi cura di se stessi.
- Il detonatore
Spesso, chi è già in lutto e chi non ha nemmeno mai subito la perdita di una persona cara, sentono entrambi scattare qualcosa dentro di loro quando qualcuno muore. Molte volte scatta qualcosa che li porta a pensare ad altre esperienze di perdita. La morte tragica e improvvisa di persone come Kobe Bryant ci fa ricordare i nostri cari che abbiamo perso, un divorzio dei nostri genitori, la perdita di un periodo di tempo, o anche uno spettacolo o un personaggio che abbiamo ammirato. Per molti, Kobe Bryant ha rappresentato una fase chiave, dall’infanzia all’età adulta. Era ammirato per la sua “mentalità da mamba”, da vincente, o per la sua natura feroce e competitiva. C’era eccitazione per quello che avrebbe fatto in pensione e per come sarebbe uscito dalla storia del gioco. Ecco per cosa hanno pianto in molti, così come per altro ancora. Per questo è fondamentale che vi prendiate il tempo necessario per identificare ciò che è scattato dentro di voi e perché.
- Disconnettersi/Staccarsi
I social media ci hanno “viziato”, dandoci sempre le news più fresche e recenti. Spesso abbiamo bisogno di una conferma che non siamo soli nei nostri sentimenti. Questa realtà si accentua ancora di più quando tutti sono in lutto per la stessa persona nello stesso momento. Vogliamo sapere che anche altri hanno dormito male durante la settimana, che anche altri si stanno sentendo impotenti e stanno piangendo lacrime di dolore. È bello essere informati, essere connessi e legare, uniti dalla tragedia, ma è estremamente facile sentirsi e essere sopraffatti. Ricordate di continuare a prendervi cura di voi stessi, staccandovi e prendendovi una pausa quando necessario. Le pause non servono solo a ridurre la vostra presenza online, ma implicano anche un allontanamento da una conversazione che potrebbe risultare eccessiva. Trovate attività e diverse modalità per far fronte a questa situazione, cose che riescano a ricaricarvi in maniera positiva, in modo da poter riconnettervi e piangere con gli altri, pur riuscendo però ad andare avanti.
- Non dimenticate i bambini
Troppo spesso dimentichiamo i bambini che soffrono, mentre noi continuiamo a elaborare i nostri sentimenti, condividendoli anche con i nostri coetanei. Rischiamo di dimenticare che i bambini possono restare profondamente colpiti dai cambiamenti che la morte porta con sé, soprattutto se improvvisa e inaspettata. Anche loro possono essere scombussolati dalla perdita di una delle loro celebrità preferite e/o avere domande su cosa significhi la morte per loro o per le loro famiglie. Gli adulti possono non avere tutte le risposte, ma i bambini certamente prendono spunto dal lutto mostrato dagli adulti che li circondano. Non lasciate che siano le cose che trovano e/o sentono fuori casa a dare loro gli unici insegnamenti offerti. Prendetevi invece il tempo per avere con loro un dialogo faccia a faccia, cercando di capire l’impatto che questa morte ha avuto su di loro.
Come dice la famosa citazione di C.S. Lewis: “Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura”. Può essere incredibilmente spaventoso navigare in un mondo dove la prossima perdita potrebbe essere dietro l’angolo. In tempi come questi è importante ricordare che unirsi e dare voce alle nostre paure, incertezze e dolori può essere proprio quello che serve per superare gli alti e bassi del lutto. Mi sentirei in torto se non vi ricordassi di stringere un po’ di più i vostri cari oggi, di perdonare, di essere liberi e di dire parole d’amore incoraggianti. Vivete la vita in maniera piena.
Di Rashida Sanchez
Fonte: https://bit.ly/2H2oRPL
Traduzione: Tiziana Calà