La felicità si costruisce

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Ricordo una domanda che mi fu posta tempo fa e che mi lasciò perplessa più di altre davvero difficili. Dovevo descrivere un giorno felice e, rovistando nel mio bagaglio di ricordi, fatto di giorni interessanti o addirittura gloriosi, non mi era molto chiaro quale criterio avrei dovuto usare per sceglierne uno.

 

La felicità è una cosa complicata, almeno quando si nasce con recettori sensibili a tutte le vibrazioni di dolore che ci circondano. Sentivo, a turno e a volte quasi contemporaneamente, il senso di colpa di non essere abbastanza felice e il senso di colpa di essere felice mentre la vita degli altri sembrava soffocante.

In giorni in cui non c’era alcun motivo ragionevole per essere allegri, nemmeno verso il tramonto, ho sperimentato uno stato di gioia che rasentava la felicità, così come ho vissuto giorni noiosi, persino un po’ cupi, alcuni dei quali mi sono sembrati di una felicità ultraterrena solo più tardi, quando sono stati archiviati nel cassetto riservato ai ricordi più belli. Ho annusato felicità insondabili che avrebbero richiesto mezzo miliardo di alveoli in più nei miei polmoni per essere inalate, e ho rosicchiato piccole gioie quotidiane che siamo così tentati di archiviare in un mucchio di banalità.

“La felicità è strettamente legata alla nostra salute e al nostro successo”, afferma la ricercatrice Sonja Lyubomirsky, sottolineando come sia ampiamente dimostrato che le persone felici sono più sane, più creative, guadagnano di più, sono più produttive, affrontano meglio le avversità e hanno maggiori probabilità di sposarsi.

Per raggiungere una maggiore felicità, dovremmo innanzitutto sapere cosa ci rende felici. Più tempo? Più denaro? Un partner duraturo? Perdere tre chili? “Per quanto possa essere desiderabile raggiungere uno di questi obiettivi, non aumenterebbe la nostra felicità a lungo termine, almeno non in modo significativo”, afferma Lyubomirsky.

Le ricerche di Lyubomirsky hanno dimostrato che il 50% dei fattori che influenzano la felicità sono determinati geneticamente, mentre le circostanze rappresentano il 10% della nostra felicità. Quindi, se in un teatro ci fossero 100 persone che si trovano in punti diversi del continuum della felicità, anche se potessimo trasformarle tutte in gemelli identici, continuerebbero ad avere livelli diversi di felicità, ma con differenze ridotte al 50%.

D’altra parte, ciò che è davvero sorprendente è che se mettessimo tutte e 100 le persone nelle stesse circostanze (stessa bellezza fisica, stesso stato di salute, stessa casa, stesso partner, stesse sofferenze, ecc.), le differenze nei loro livelli di felicità si ridurrebbero solo del 10%. Il restante 40% è legato al comportamento delle persone. “La chiave per accrescere la propria felicità”, conclude Lyubomirsky, “non sta nel cambiare i fattori genetici (cosa impossibile) o le circostanze, ma nelle azioni che compiamo quotidianamente, intenzionalmente”.

 

La felicità che lascia senza fiato

L’attività fisica va di pari passo con la felicità, come hanno scoperto i ricercatori dell’università di Cambridge in uno studio durato 17 mesi. I partecipanti hanno scaricato un’app che chiedeva loro di valutare il proprio stato d’animo in diversi momenti della giornata e di rispondere a domande su quanto fossero stati attivi nei 15 minuti precedenti.

I volontari hanno riferito di sentirsi più felici dopo essersi mossi nei 15 minuti precedenti rispetto allo stare seduti o sdraiati, anche se la loro attività fisica era generalmente leggera. Lo studio ha anche rilevato che le persone che si muovevano di più avevano maggiori probabilità di considerarsi più felici rispetto a quelle che trascorrevano la maggior parte del tempo su una sedia. Sebbene i ricercatori non abbiano stabilito se l’attività fisica ci renda più felici o se la felicità ci renda più attivi a livello fisico, è chiaro che esiste un’associazione positiva, diretta o indiretta, tra felicità e attività fisica, riscontrata in diversi studi.

I ricercatori dell’università del Michigan hanno analizzato 23 degli studi più rilevanti sul legame tra attività fisica e felicità. La maggior parte degli studi analizzati era di tipo osservazionale, mentre alcuni erano sperimentali: le persone iniziavano a fare attività fisica e i ricercatori misuravano l’intensità della loro felicità prima e dopo il loro incremento di attività fisica. In totale, questi studi hanno coinvolto oltre 500.000 persone di età diverse (dagli adolescenti agli anziani), appartenenti a molti gruppi etnici e con diverse condizioni socioeconomiche. Ogni studio ha riscontrato un legame tra l’attività fisica e l’aumento della felicità, indipendentemente dal tipo di esercizio o dalla quantità di tempo trascorsa: anche 10 minuti al giorno erano associati a un miglioramento dell’umore.

“L’esercizio fisico è come una dose endovenosa di speranza. E vale con qualsiasi forma di movimento che si è disposti a fare, con qualsiasi parte del corpo che si può ancora muovere”, dichiara Kelly McGonigal, docente all’università di Stanford. Per coloro che lottano contro la depressione o l’ansia, McGonigal afferma che gli studi clinici dimostrano che 20-40 minuti di attività fisica, tra cui giardinaggio o passeggiate, svolti quotidianamente o almeno un paio di volte alla settimana, possono avere benefici significativi. Ci sono anche studi che dimostrano che solo 2-3 minuti di esercizio fisico possono aumentare l’energia e l’umore di una persona per diverse ore.

Quando i nostri muscoli si contraggono, rilasciano sostanze specifiche chiamate miochine che ci rendono più resistenti allo stress e ci aiutano a guarire dai traumi. “Questo”, sostiene McGonigal, “dimostra che l’esercizio fisico fa un lavoro davvero incredibile, permettendoci di vedere il nostro corpo come un alleato fidato”. Secondo uno studio del 2022 condotto dai ricercatori della Edith Cowan University, le miochine rilasciate dall’esercizio fisico regolare potrebbero persino sopprimere la crescita dei tumori, aiutando a combattere attivamente le cellule cancerogene.

 

La gratitudine, il terreno in cui può crescere la felicità

Dopo aver analizzato diverse decine di studi sperimentali, i ricercatori Dunigan Folk ed Elizabeth Dunn sono giunti alla conclusione che esiste una forte evidenza dei benefici dell’espressione della gratitudine. Gli studi dimostrano che la gratitudine ci fa sentire meglio, ma gli effetti non sembrano durare più di un giorno: un motivo in più per non negarsi troppo spesso l’esperienza della gratitudine.

Gli psicologi Robert Emmons e Michael McCullough hanno chiesto ai partecipanti a uno studio sulla gratitudine di scrivere alcune frasi ogni settimana. A quelli del primo gruppo è stato chiesto di scrivere le cose per cui erano grati quella settimana, mentre a quelli del secondo gruppo è stato chiesto di scrivere tutte le cose irritanti o spiacevoli accadute ogni giorno. A quelli del terzo gruppo è stato chiesto di scrivere degli eventi che li avevano colpiti, senza sottolineare se fossero positivi o negativi. Dopo 10 settimane, i volontari che avevano espresso gratitudine per ciò che avevano vissuto erano più ottimisti e soddisfatti della loro vita, erano più attivi fisicamente e si erano recati meno dal medico rispetto a quelli che si erano concentrati sugli eventi spiacevoli.

Lo psicologo Martin Seligman ha testato gli effetti di vari interventi di psicologia positiva su 411 persone a cui è stato chiesto di scrivere dei loro primi ricordi. L’impatto maggiore (un enorme aumento dei punteggi di felicità che è durato per un mese) è derivato dal compito di scrivere e consegnare personalmente una lettera di gratitudine a qualcuno che non era mai stato adeguatamente ringraziato per la sua gentilezza.

 

La felicità nel tempo trascorso con amici e familiari

Secondo uno studio condotto da ricercatori statunitensi su un campione di 222 studenti universitari, la semplice presenza di altre persone nella nostra vita è un fattore di felicità. Confrontando i partecipanti più felici con quelli più infelici, gli autori dello studio hanno rilevato una differenza sostanziale tra i due gruppi: gli studenti più felici trascorrevano meno tempo da soli rispetto a quelli meno felici. Tuttavia, secondo uno studio che ha scoperto che un importante fattore predittivo della felicità è la qualità delle amicizie, non è tanto il numero di persone che si hanno vicino, quanto la qualità delle relazioni che si hanno con loro.

Secondo i ricercatori Nicholas Christakis e James Fowler, la felicità dei nostri amici contribuisce alla nostra felicità. I due hanno scoperto che nelle reti sociali la felicità può essere contagiosa fino a tre gradi di separazione dalla sua fonte originaria (all’interno di una rete, possiamo parlare di “distanza” tra due persone, o di “grado di separazione”). Quindi una persona si trova a un grado di distanza dal suo amico, a due gradi di distanza dall’amico dell’amico, a tre gradi di distanza dall’amico dell’amico dell’amico e così via. I ricercatori hanno scoperto che la felicità si diffonde fino a tre gradi di separazione da qualcuno che è felice: se una persona si trova a un grado di distanza da qualcuno che è felice, ha il 15% in più di probabilità di essere felice a sua volta. A due e tre gradi di distanza, le probabilità di contagio della felicità sono rispettivamente quasi il 10% e il 5,6%.

Come sottolinea l’esperto di felicità Daniel Gilbert, “siamo felici quando abbiamo una famiglia, siamo felici quando abbiamo degli amici e quasi tutte le altre cose che pensiamo ci rendano felici sono in realtà solo modi per ottenere più famiglia e amici”.

 

Fare del bene agli altri ci fa sentire bene

Indagini condotte su adulti di tutto il mondo hanno rilevato che quasi un terzo della popolazione mondiale ha donato denaro in beneficenza almeno una volta nell’ultimo mese. La ricercatrice Elizabeth Dunn sottolinea che gli studi hanno dimostrato che le persone che donano sono più felici di quelle che non lo fanno, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria. In effetti, l’atto di donare ha lo stesso effetto sulla felicità del raddoppio dello stipendio.

“Mentre la depressione, l’ansia o lo stress sono associati a un certo grado di egocentrismo, concentrarsi sui bisogni degli altri elimina le emozioni negative”, spiega il professore di bioetica Stephen Post. “Quando aiutiamo un’altra persona, entriamo in un circolo vizioso di bontà”, afferma Post: fare del bene ci fa sentire bene, e questa sensazione positiva ci rende più propensi a fare del bene.

 

Il professor Martin Seligman sottolinea che tra tutte le attività che gli scienziati hanno testato finora, gli atti altruistici hanno prodotto l’aumento più significativo del livello di benessere.

 

Si tratta di una buona notizia per i cercatori di felicità, affascinati e confusi dal modello contemporaneo di felicità, che prevede la ricerca e l’esibizione assidua di questo prezioso sentimento. Se la felicità ha a che fare solo per il 10% con le nostre circostanze e per quattro volte con il nostro comportamento, allora in fondo rimane un verbo. Solo che dobbiamo scegliere il nostro verbo con saggezza, come osserva Sonja Lyubomirsky: non possiamo aspettare che appaia dal nulla, non possiamo cercarla in tutti i luoghi in cui immaginiamo possa vagare, ma la dobbiamo costruire. Giorno dopo giorno, permettiamo a chi ci circonda di crogiolarsi nella sua luce, mentre spargiamo gentilezza e cura sui momenti difficili di chi è meno fortunato di noi.

 

 

Di Carmen Lăiu, redattrice di Signs of the Times Romania e ST Network

Fonte: https://st.network/analysis/top/happiness-is-built.html

Traduzione: Tiziana Calà

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