Il mio precedente lavoro era nelle pubbliche relazioni, il che significava gestire la percezione del marchio per un’organizzazione. In un particolare lavoro, ho incontrato una persona che ha reso il mio lavoro estremamente difficile, superando sempre la linea di ciò che per me era “accettabile”. Con questo voglio dire che era molto intenzionato a dare una scossa al tutto, e dare una scossa, specialmente dall’interno di un’organizzazione, implica sempre un lavoro intenso e scomodo per coloro che, come me, lavoravano nelle pubbliche relazioni.
Questa persona (e le sue scelte) mi infastidiva; quello che faceva non era sbagliato, ma stava creando disagio e lavoro extra per chi ricopriva un incarico simile al mio. Quando ho espresso questa frustrazione al mio supervisore, lui ha fatto un cenno di comprensione, per poi farmi una semplice domanda che ha cambiato completamente e per sempre la mia prospettiva: “Come pensi che ci saremmo sentiti a lavorare con Martin Luther King Junior?”.
Quello che il mio capo stava gentilmente sottolineando era che non tutti pensano o lavorano allo stesso modo. Ciò che può sembrare contrasto o creare disturbo e disagio a volte rappresenta solo qualcuno che lavora per il mio stesso obiettivo, ma con un approccio molto diverso, usando i propri doni e le proprie capacità per il bene comune.
Spesso chiamiamo questo concetto “seguire la propria chiamata”.
Secondo 1 Corinzi 12:7-11, a ciascuno di noi è stato affidato un dono speciale e personale. In questo passo sono elencate caratteristiche come la saggezza, la fede, il potere di guarigione, la predicazione e il discernimento. Nella vita reale ognuno di questi doni si manifesta in una varietà di modi, in vari campi: genitorialità, ricerca, gestione, economia domestica, legge, servizio alimentare, lavoro missionario e innumerevoli altri ancora.
Questo passo della Scrittura afferma anche che ci sono stati dati questi doni “per il bene comune” (versetto 7). 1 Pietro 4:10 concorda, dichiarando: “Ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri”.
Quello che mi salta all’occhio non è solo che ognuno di noi possiede diverse abilità e doni, ma che dobbiamo usarli per aiutarci a vicenda.
Mentre riflettevo su ciò che il mio capo mi aveva chiesto, ho cominciato a vedere questa persona “problematica” sotto una nuova luce. Volevano un cambiamento positivo, e anche noi. Si sentivano chiamati da Dio a prendere una luce e a guidare l’organizzazione in una direzione specifica, e lo stesso facevamo noi. Lo stavamo solo facendo in modo diverso.
L’approccio di Martin Luther King Junior era fastidioso per alcuni, e aveva causato disagio e molto lavoro per altri. Ma era un lavoro necessario. Sto imparando ad apprezzare il modo in cui gli altri contribuiscono al lavoro con i propri doni, concentrandomi per contribuire anch’io con i miei doni.
“Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. […] l’occhio non può dire alla mano: Non ho bisogno di te; né il capo può dire ai piedi: Non ho bisogno di voi. […] ma Dio ha formato il corpo […] perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui” (1 Corinzi 12:18-26).
Di Becky St. Clair, scrittrice freelance, vive in California con suo marito e i loro tre figli. Ha un’esperienza decennale nelle pubbliche relazioni per la chiesa, e attualmente scrive e redige testi per varie organizzazioni della chiesa in tutto il mondo.
Fonte: https://adventistreview.org/commentary/learning-to-appreciate-difference/
Traduzione: Tiziana Calà