Perché me lo chiedono?

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Era stato un meraviglioso sabato. Dopo la chiesa, io e mia moglie avevamo ospitato degli amici per pranzo, per poi decidere di farci una bella passeggiata pomeridiana nella fresca ombra di un parco vicino. Visto che era una tipica giornata del Maryland, calda e umida, ci eravamo tutti cambiati in abiti da passeggio più comodi, e finalmente ci siamo incamminati sul sentiero ombreggiato dagli alberi.

Molte altre persone avevano chiaramente avuto la stessa idea. Abbiamo superato giovani famiglie con bambini nei loro passeggini, coppie più anziane immerse in profonde conversazioni, gruppi familiari più grandi e adolescenti che si tenevano per mano.

Dopo 10 minuti di cammino, una donna sui 40 anni si è avvicinata a me con decisione e mi ha chiesto indicazioni su un’attrazione specifica del parco. Conoscevo bene il posto e le ho indicato rapidamente la sua destinazione. Cinque minuti dopo, un signore anziano si chiedeva come raggiungere la serra del parco. Mia moglie, Chantal, è stata in grado di guidarlo verso l’edificio giusto. Un quarto d’ora dopo, una famiglia con un cane amichevole camminava esitante verso di noi, per chiederci come arrivare al parco per cani più vicino. Conoscevo la strada migliore per il parco per cani e camminai con la famiglia fino alla curva successiva, indirizzandoli verso la loro destinazione.

A quel punto i nostri amici ci guardarono con stupore: “Perché la gente continua a venire da voi a chiedervi indicazioni? Conoscete queste persone?”.

 

Tra il fare e l’essere

Perché la gente veniva da noi a chiederci indicazioni? Sia io sia mia moglie avevamo notato questo fenomeno durante le precedenti passeggiate nel nostro parco preferito. “Perché la gente pensava che noi sapessimo la strada?”,ci eravamo chiesti. Non indossavamo abiti particolari o distintivi che suggerissero che eravamo dipendenti del parco. Infatti, con i nostri pantaloncini, magliette e scarpe da passeggio sembravamo come la maggior parte delle persone intorno a noi. Era una bella domanda, e in qualche modo ci ricordava l’evangelizzazione.

L’evangelizzazione è una parola importante nel vocabolario avventista, e a ragione. Siamo stati chiamati a condividere la buona notizia del prossimo ritorno di Gesù con un mondo ferito che sta andando verso la distruzione. A volte abbiamo interpretato il significato di questa parola solo in termini di fare, invece di riflettere altrettanto intensamente sul nostro essere.

Lasciatemi illustrare questo concetto a partire dall’esperienza della prima chiesa cristiana. Dopo l’opera miracolosa dello Spirito Santo durante la Pentecoste (cfr. Atti 2-4) e le conversioni di migliaia di persone, la leadership giudaica cominciò a prendere nota di questo nuovo movimento, chiamato “la Via” (Atti 9:2). Questa attenzione focalizzata portò a persecuzioni sempre più violente (cfr. Atti 8:1-3; 9:1-2), costringendo la Chiesa a diffondersi rapidamente oltre la Giudea, la Samaria, la Siria e il resto dell’Impero romano. Predicatori itineranti come Paolo, Pietro e altri apostoli e leader, visitavano occasionalmente le città più grandi e si impegnavano in quello che noi chiamiamo evangelizzazione “pubblica”. Ma la chiesa cristiana crebbe in modo più consistente grazie al ministero e al servizio dei singoli membri della chiesa che si riunivano in piccole chiese domestiche che erano profondamente radicate nelle loro comunità locali. La loro compassione, la cura e l’amore verso coloro che avevano bisogno di grazia e sostegno attirava le persone. La loro attenzione a Gesù che salva e trasforma, ha cambiato questi primi cristiani, così come le loro famiglie e i loro vicini.

 

Perché chiedono indicazioni?

La nostra esperienza nel parco mi ha portato a pensare di più ai motivi per cui le persone si rivolgono agli altri per ricevere una guida, una direzione o persino un aiuto. Ecco tre possibili motivazioni che, senza dubbio, possono essere applicate anche al modo in cui ci impegniamo con le persone riguardo al Vangelo.

  1. Conoscere il territorio. Abbiamo vissuto più di 12 anni nel nostro quartiere e conosciamo davvero questo parco. Camminiamo con fiducia e determinazione lungo i suoi sentieri. La fiducia e l’avere una meta ben definita di solito attraggono coloro che non conoscono la propria strada, su un sentiero o nella vita. L’applicazione spirituale è semplice: se non conosciamo personalmente il nostro Salvatore, se non godiamo di una relazione vibrante e intima con lui, non siamo in grado di guidare nessuno. I discepoli conoscono il loro Maestro personalmente e intimamente. Non si limitano a comunicare fatti o un elenco di versetti biblici. Hanno camminato con il loro Signore attraverso le valli e sulle montagne. Hanno fiducia nel loro Redentore e godono della certezza della salvezza.
  1. Essere avvicinabili. Quando camminiamo nel nostro parco, di solito non abbiamo cellulari né tantomeno le cuffie nelle orecchie. Guardiamo ciò che ci circonda; notiamo le persone che vengono abitualmente, che continuiamo a vedere settimana dopo settimana e ci salutiamo a vicenda; sorridiamo alle persone e siamo aperti a fare nuove amicizie. Non rappresentiamo solo una serietà grave, ma piuttosto un interesse gioioso. Gesù sembrava avere la capacità di impegnarsi con tutti i tipi di persone, studiosi seri, stanchi lavoratori a giornata, ricchi proprietari terrieri, bambini irrequieti, adolescenti consapevoli, madri esaurite. Comunicare apertura nei confronti di altre persone non significa essere estroversi. Gesù usa persone estroverse e introverse (e tutto ciò che sta in mezzo), ma ciò che dobbiamo offrire è disponibilità e la possibilità di essere avvicinati.
  1. Cogliere le opportunità. Chantal e io non abbiamo mai fatto un corso per spiegare tutte le complessità e le possibilità del nostro parco. Non abbiamo mai studiato per diventare guide del parco, ma poiché amiamo il parco e abbiamo letteralmente camminato per migliaia di chilometri all’interno dello stesso, possiamo offrire aiuto a coloro che stanno cercando di trovare la loro strada. Possiamo non avere una risposta a tutte le domande, ma possiamo aiutare al meglio delle nostre possibilità. Mi chiedo quali aperture per testimoniare la bontà di Dio e il suo piano per il nostro mondo ci perdiamo quando rinunciamo a dare la nostra testimonianza perché sentiamo che non è abbastanza “speciale”? Quanto spesso rinunciamo a grandi opportunità perché non cogliamo il momento di apertura e di opportunità quando qualcuno fa una domanda?

 

Camminare fino in fondo

Testimoniare per Gesù non inizia dalle parole. Inizia in un incontro personale con Gesù che trasforma la nostra vita. Una volta che conosciamo personalmente il Salvatore, possiamo vivere sicuri del suo amore e pronti a condividere la sua bontà con coloro che sono alla ricerca di qualcosa in più. Anche se non conosciamo tutte le risposte, possiamo cogliere ogni opportunità per essere al servizio e comunicare alcune delle benedizioni che abbiamo sperimentato. E poi, a volte, al di là delle indicazioni e delle risposte, possiamo camminare con coloro che cercano risposte per una parte del cammino. Come i discepoli sulla via di Emmaus, potremmo scoprire che camminare in comunità con gli altri e con Gesù si rivelerà una benedizione che funziona in entrambe le direzioni. Mentre aiutiamo gli altri, noi stessi troviamo uno scopo in questo mondo apparentemente senza scopo e confuso.

 

 

Di Gerald A. Klingbeil

Fonte: https://www.adventistworld.org/why-are-they-asking-me/

Traduzione: Tiziana Calà

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