La vita di coppia dopo il primo figlio

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L’arrivo di un bambino porta immensa gioia e soddisfazione, ma introduce anche una nuova dinamica all’interno della famiglia, una realtà che pone la coppia nella condizione di assumersi responsabilità e compiti che non aveva mai sperimentato prima. La transizione alla vita di una famiglia di tre persone è una fase che sconvolge la routine quotidiana, richiedendo la piena attenzione e il coinvolgimento di entrambi i genitori.

 

Man mano che la famiglia cresce, cambiano anche i ruoli all’interno della coppia e le priorità si spostano in modo significativo. Spinto dall’esigenza di creare un ambiente fisico ed emotivo accogliente per il bambino, tutto assume una dimensione più ampia. Il tempo libero, il riposo, l’intimità, le risorse finanziarie, l’organizzazione domestica, le interazioni sociali, l’equilibrio tra lavoro e vita privata, la pazienza, i livelli di energia e gli sforzi dei genitori: ogni aspetto della vita, sia principale sia secondario, diventa incentrato sul fornire le migliori cure possibili al neonato.

Per molti, la gioia di questo evento di vita è spesso accompagnata da un forte stress, derivante dalla necessità di adattarsi in modo rapido ed efficiente alla miriade di cambiamenti che la presenza del bambino comporta nel nuovo nucleo familiare.

Di fronte al nuovo ruolo di “madre” e “padre”, anche i genitori più preparati possono sentirsi sopraffatti dalla portata della situazione, poiché la realtà dell’esperienza spesso differisce molto dalla teoria appresa in precedenza. In questo contesto, è essenziale che i partner si sostengano a vicenda nella transizione verso la genitorialità, per mantenere l’equilibrio all’interno della famiglia e garantire l’armonia a lungo termine della loro relazione di coppia.

 

Il primo figlio e la soddisfazione coniugale

Per quanto riguarda questo aspetto, numerosi studi evidenziano che l’arrivo del primo figlio comporta profondi cambiamenti, che spesso portano a una diminuzione della soddisfazione coniugale e, di conseguenza, incidono sulla stabilità e sulla resilienza della relazione di coppia.

Secondo uno studio del 2021 citato dalla BBC, la soddisfazione relazionale diminuisce nei primi 10 anni, indipendentemente dal fatto che le coppie abbiano o meno dei figli. Tuttavia, i genitori tendono a subire il calo di soddisfazione più marcato, poiché devono far fronte a richieste e pressioni crescenti nella loro famiglia. I dati mostrano che sono le madri, in particolare, a essere in difficoltà: solo il 38% delle madri dichiara di essere soddisfatta della propria relazione, rispetto al 62% delle donne sposate ma senza figli, che esprimono livelli più elevati di soddisfazione.

Uno studio longitudinale, basato sui dati di 218 coppie durante i primi otto anni di matrimonio, rivela che sia le madri sia i padri riferiscono un declino nella qualità della loro relazione dopo la nascita del primo figlio, una tendenza che persiste per tutta la durata dello studio. Rispetto alle madri, che sperimentano un rapido declino della soddisfazione, i padri tendono a esprimere insoddisfazione dopo i primi sei mesi postpartum o anche più tardi.

Inoltre, la ricerca suggerisce che le donne, a differenza degli uomini, spesso mostrano una gestione dei conflitti più carente e tendono ad amplificare la gravità dei problemi, indicando che sono più sensibili alle carenze percepite all’interno del nucleo familiare.

 

Il passaggio alla vita a tre

Questi sentimenti di insoddisfazione tra i partner sono tipicamente accompagnati da conflitti, stress, riduzione del tempo trascorso insieme e indebolimento delle interazioni sociali. Tuttavia, nonostante i vari effetti collaterali, la conclusione rimane la stessa: la qualità della relazione coniugale dipende in larga misura dal modo in cui entrambi i partner si impegnano nell’ampio processo di adattamento, che inizia durante la gravidanza e continua fino a quando il bambino raggiunge i due o tre anni di età.

Vale la pena di notare che la genitorialità, con le sue intense sfide, può causare difficoltà non solo ai matrimoni già “tesi”, ma anche alle coppie forti e consolidate. In entrambi i casi, la relazione può prendere una traiettoria positiva se i partner imparano a gestire lo stress in modo costruttivo. Tuttavia, può funzionare in modalità di sopravvivenza quando i processi di adattamento sono insufficienti.

Per meglio comprendere e spiegare come i genitori si adattano alla moltitudine di fattori post-partum che ridefiniscono le dinamiche di una relazione, alcuni esperti utilizzano il modello vulnerabilità-stress-adattamento (VSA).

Secondo il quadro teorico sviluppato da Karney e Bradbury (1995), le tre componenti del processo (vulnerabilità, stress e adattamento) sono strettamente interconnesse. Se non vengono gestite in modo adeguato, le vulnerabilità possono indebolire la capacità del neo-genitore di adattarsi allo stress provocato da questa nuova situazione, nonché a fattori come la privazione del sonno, l’esaurimento fisico, l’irritabilità, l’ansia finanziaria o la depressione post-partum.

 

Le vulnerabilità possono includere:

  • dei disfunzionali modelli relazionali ereditati dalla famiglia d’origine. Quando questi si riproducono all’interno della propria famiglia, aumentano il rischio di mantenere stress e tensioni costanti.
  • la convivenza prematrimoniale. Le coppie che convivono prima del matrimonio hanno maggiori probabilità di affrontare le sfide coniugali rispetto a quelle che ritardano la convivenza fino a dopo il matrimonio.
  • la religiosità. Le madri religiose tendono a sperimentare una maggiore soddisfazione coniugale rispetto a quelle che, ad esempio, non condividono una fede col proprio coniuge.

 

Quando queste vulnerabilità sono presenti in situazioni di stress, come una gravidanza non pianificata, un reddito limitato o problemi di salute, possono far pendere l’ago della bilancia a sfavore della coppia, portando a un’escalation di conflitti. In tali circostanze, alcuni “strumenti” possono rivelarsi cruciali, come la comunicazione assertiva tra i coniugi, la volontà di assumere impegni a lungo termine, la fiducia nel partner, il riconoscimento della necessità di trascorrere tempo di qualità insieme e la ricerca dell’intimità.

 

Per sempre felici e contenti?

Secondo la psicoterapeuta Oana Nicolau, nel processo di adattamento i genitori “devono esercitare contemporaneamente i loro ruoli di partner nella relazione per mantenere l’equilibrio. Nutrendo la loro relazione con intimità e tempo di qualità […] i genitori alimentano indirettamente e a lungo termine l’autonomo sviluppo psicologico del bambino”.

Gli studi dimostrano che un matrimonio riuscito migliora lo sviluppo precoce del bambino e i suoi futuri risultati psicologici, sociali e accademici.

“Tutti i bambini hanno bisogno di genitori presenti. Tutti i bambini sono sensibili allo stato psicologico dei genitori, soprattutto della madre. Pertanto, il benessere mentale dei genitori è un fattore chiave per tutti i bambini. A lungo andare, man mano che il bambino cresce, ha bisogno di una crescente autonomia e diventa sempre più importante per i genitori modellare una vita indipendente da quella del bambino”, afferma la psicoterapeuta.

 

Un buono stato mentale per i genitori non è solo un ideale, ma una possibilità reale.

 

Le ricerche di John e Julie Gottman indicano che l’insoddisfazione coniugale è presente in due terzi delle coppie analizzate. Quindi, cosa distingue il restante terzo, che dichiara di essere felice nella propria relazione anche dopo aver avuto un figlio?

Un fattore chiave, per quanto possa sembrare tecnico, sembra essere il lavoro di squadra. Le coppie che riescono a superare insieme il passaggio alla genitorialità, quelle che sono ugualmente attente alle esigenze del neonato, che sviluppano un forte senso di collaborazione e che gestiscono i disaccordi con calma e razionalità, hanno maggiori probabilità di godere dei cambiamenti che derivano dall’allargamento della famiglia.

Funzionare come un’unità coesa significa anche mostrare interesse per le esigenze del partner, soprattutto nei momenti di sconforto o di stanchezza, offrendo gesti di affetto e apprezzamento. A tal fine è necessario dedicare del tempo alla coppia, mantenere una comunicazione aperta, stabilire un legame emotivo e gestire le aspettative in modo realistico, senza idealizzare le sfide dell’essere neo-genitori.

Praticare l’intimità emotiva, convalidare i sentimenti dell’altro, utilizzare tecniche costruttive per risolvere le inevitabili sfide della vita familiare e gestire i conflitti con attenzione costituiscono un approccio affidabile che può ispirare i genitori inesperti.

Altrettanto importante è evitare che il padre si senta messo da parte da una madre che rivolge quasi tutte le sue attenzioni al bambino, lasciando al padre un ruolo periferico nella cura dei figli o addirittura escludendolo dalle responsabilità genitoriali. Quando ciò accade, il padre può diventare distante e il matrimonio può indebolirsi gradualmente, diventando vulnerabile alla rottura.

In questo panorama complesso e in continua evoluzione, è chiaro che la felicità in una relazione non avviene automaticamente, né prima né dopo l’arrivo del primo figlio. È un universo delicato, costruito attraverso lo sforzo e la volontà di entrambi i partner. La sopravvivenza della relazione dipende dai pensieri, dalle intenzioni e dalle azioni del marito e della moglie che lavorano insieme per rafforzare la famiglia in tutte le sue sfaccettature.

 

 

Di Genia Ruscu, che ha conseguito un master in consulenza sociale.

Fonte: https://st.network/analysis/top/life-as-a-couple-after-the-first-child.html

Traduzione: Tiziana Calà

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