La chiesa cristiana è emorragica. Negli ultimi decenni la chiesa ha assistito a un costante declino dell’appartenenza e della partecipazione dei membri. Ci sono svariate teorie ma di solito ci si preoccupa più di chi entra che di chi esce. Prima che la chiesa si spenga del tutto, è necessario fare attenzione a coloro che scelgono di uscire per sempre dalla chiesa.
La fede “fuori dalla chiesa” è un fenomeno in crescita. Ci sono tantissimi cristiani in questa categoria. Si tratta di solito dei cristiani più impegnati, che a un certo punto si stancano di lavorare all’interno della struttura ecclesiastica. Il loro coinvolgimento risale a molti anni prima: erano stati dei leader ma ora sono usciti dalla chiesa.
Perché?
Non hanno voltato le spalle al cristianesimo ma hanno rinunciato al moderno sistema ecclesiastico. Alcuni di loro si sentono in “attesa” di qualcosa.
Le chiese fanno fatica a spiegare questa situazione e ad affrontarla. I dirigenti di chiesa razionalizzano la cosa dicendo che “sono persone che sono state ferite o che provano dell’amarezza per qualcosa” oppure che “non si sanno comportare come giocatori di squadra” o perfino che “hanno fatto dei passi falsi”. Parlando invece con queste persone, è come se siano rimaste sedute in chiesa per anni e che adesso non riescano più a sopportare questo status quo. Percepiscono una “mancanza di Dio”, perfino nelle chiese “riempite dallo Spirito Santo”. “Dov’è Dio in tutte queste attività?”, si chiedono. “Di sicuro le cose non dovrebbero andare così”. Mentre i culti e i programmi di sviluppo spirituale vanno e vengono, la mediocrità e l’apatia restano costanti. Coloro che escono dalla chiesa hanno una profonda fama spirituale, spesso non corrisposta, che fa sì che escano dalla comunità quasi senza farsi notare. Alcuni hanno raccontato di come sentissero Dio “che li invitava a uscire”. Altri hanno frequentato chiese diverse, nella speranza di riuscire a trovare il posto “giusto”. Ma ben presto diventava più facile restare a casa con il Signore. Alcuni iniziano a incontrarsi con gli amici a casa o fuori, in maniera del tutto casuale. Ma molti altri non si incontrano più con nessuno. Questi ultimi si considerano in un luogo “deserto”, da soli con Dio.
La domanda allora è: fare uscire le persone dalla chiesa, potrebbe far parte del piano del Signore? Si tratta di un pensiero radicale e molti leader non sarebbero affatto d’accordo: logicamente tutto ciò che porta le persone fuori dalla chiesa non può provenire dal Signore, giusto?
Il concetto di attraversare un “deserto” poco prima di entrare nella Terra Promessa è un concetto biblico a tutti gli effetti, una situazione presente in tutta la Bibbia. Anche Gesù ha dovuto attraversare un momento “di deserto”. Ma non è possibile restare da soli per sempre. Un giorno queste persone vorranno essere parte della forza dello Spirito di Dio; dovranno così uscire dal loro deserto per diventare parte del “corpo” di Cristo. Se non lo fanno, rischiano di perdere tutto.
La chiesa attenta a coloro che scelgono di uscire
Negli ultimi due decenni, i cosiddetti servizi che rispondono alle esigenze personali sono diventati un tema comune nelle chiese in crescita. Queste congregazioni hanno spostato l’attenzione da un paradigma di crescita congregazionale a un paradigma di trasformazione comunitario, un’enfasi che ha riscosso grande successo. Ma il declino delle congregazioni sfocia in una disattenzione nei confronti dei tanti che vogliono uscire dalla chiesa. La porta per uscire resta spalancata e incustodita. Non c’è nessuna cura, nessuna responsabilità e, spesso, nessuna idea del danno che si sta facendo.
I dirigenti di chiesa saranno più consapevoli e impegnati nei confronti dei nuovi convertiti o dei nuovi arrivati. Ma ci sono altrettante buone ragioni per considerare con più attenzione coloro che scelgono invece di lasciare la chiesa. Alcune persone escono sapendo in anticipo dove sono dirette, altre si uniscono a differenti realtà religiose mentre la maggior parte scelgono semplicemente di allontanarsi e di reinvestire le proprie energie in altro. Non diventano atee o agnostiche ma continuano a leggere la Bibbia e a pregare, sempre credendo nei doni e nelle forme alternative di comunione.
Uscire dalla chiesa non compromette necessariamente i valori fondamentali della fede. Coloro che escono dalla chiesa rimangono impegnati nella fede sia a livello teorico che pratico ma restano convinti di aver preso la decisione giusta scegliendo di uscire dalla chiesa. Alcuni, i più arrabbiati della categoria, sono rimasti fedeli alla loro cultura e tradizione spirituale.
I dirigenti di chiesa trovano che sia più comodo e meno complesso lasciare uscire i membri di chiesa, concentrati come sono nei confronti di chi entra o verso la tradizione e l’istituzione della chiesa. Ecco che la sfida delle parole di Ezechiele acquista valore: “Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta […]. Infatti così dice il Signore, Dio: Eccomi! Io stesso mi prenderò cura delle mie pecore e andrò in cerca di loro” (Ezechiele 34:4,11).
I dirigenti di chiesa sono prima di tutto pastori. Non sono amministratori delegati, con capacità gestionali e di marketing.
Quanto costa uscire dalla chiesa
Quando le persone escono dalla chiesa, il senso di dolore e di rifiuto è spesso reciproco tra quelli che restano e quelli che se ne vanno. Sono un ministro consacrato, ruolo a cui ho rinunciato per motivi politici. Ma ho mantenuto dei legami con la mia denominazione religiosa. Non mi priverei mai dei rapporti creati e tutt’ora non mi sottraggo alle amicizie strette. Anche se non condivido alcune degli standard politici, dottrinali e morali, queste non sono ragioni per interrompere le amicizie create. A volte sono stato accolto con lo sconcerto di qualche collega in occasione di incontri, conferenze, sinodi, assemblee ed eventi di culto. Col tempo ho capito che molti fanno fatica ad affrontare la sfida data dalla presenza di qualcuno che è uscito dalla chiesa, dalla sua influenza e dal cambiamento presentato.
Coloro che escono dalla chiesa hanno generalmente trenta, quaranta anni e spesso sono negli anni più produttivi della loro carriera o attività. Uscendo dalla chiesa, le risorse che offrivano alla missione in termini umani, economici e spirituali, se ne vanno con loro. Spesso affermano che “nessuno ci è venuto a parlare, cosa che ci ha portato a chiederci se la chiesa si interessasse affatto della nostra decisione”. Anche se una visita non ha necessariamente come risultato un loro ritorno, riduce in maniera significativa la negatività dell’esperienza vissuta e la complessità della storia che raccontano in seguito.
Priorità, prospettiva, azione
Le persone hanno bisogno di spazio per esplorare e mettere in discussione quello in cui credono. Il dubbio non è più nemico della fede cristiana di quanto la certezza ne sia un’amica. La creazione di un luogo sicuro in cui poter parlare e affrontare le tematiche importanti è fondamentale. Un ambiente in cui poter trasmettere i percorsi di fede e di Dio all’opera nella propria vita permette di bloccare quell’uscita dalla chiesa che passa quasi inosservata. Qui si possono affrontare i dubbi senza essere giudicati. Lo spazio per elaborare il lutto di sogni andati in frantumi, di fiducia persa e di una possibile uscita dalla chiesa è un mezzo per offrire guarigione e grazia. Ma questo processo deve essere fatto subito, prima che sia troppo tardi.
Che tipo di viaggio?
Il percorso cristiano è un processo significativo. Non è un viaggio di corta durata, con un sentiero ben definito, ma piuttosto un viaggio che dura tutta la vita, in cui diventiamo “allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo” (Efesini 4:13). In preparazione di questo cammino è importante parlare apertamente riguardo i luoghi “oscuri” della fede cristiana, l’assenza percepita di Dio e le volte in cui il volto del Signore sembra nascosto. Coloro che lasciano la chiesa spesso desiderano essere liberati dalle tenebre, e nei confronti di coloro che hanno sperimentato la vittoria o il reale successo, desiderano anche condividere la propria situazione e le loro speranze troppo spesso andate perse.
Incoraggiare le persone a parlare delle difficoltà e delle lotte anche quando non esiste un lieto fine permette loro di vedere la profondità dell’esperienza nelle vite degli altri e quello che ne possono trarre. Le persone hanno bisogno che si ricordi loro delle lotte di fede degli altri; devono anche essere incoraggiate a prendersi la responsabilità delle proprie lotte personali. Questo significa imparare ad aggrapparsi a Dio nei momenti difficili della vita.
Che ci piaccia o no, tra i cristiani c’è una tendenza in crescita a rigettare la propria fede quando la vita si complica e diventa confusionaria, rendendo la chiesa il capro espiatorio di tutto, anche quando non c’entra niente. In queste situazioni, c’è bisogno di più energia e determinazione per ricercare le cose nuove che il Signore sta compiendo. Discernere il nuovo linguaggio di Dio può essere fatto al meglio da una comunità che cura i propri membri.
I segnali di avvertimento
Nel gestire il fenomeno di coloro che lasciano la chiesa, i membri della comunità devono innanzitutto installare un radar per captare le lotte spirituali delle persone. I segnali radar includeranno una lenta ma crescente insoddisfazione in una persona che altrimenti sarebbe felice e soddisfatta con la vita di chiesa; le preoccupazioni in relazione alla musica e allo stile del culto; la percezione di un’insensibilità pastorale e il ritiro dalle attività di chiesa al di fuori del culto, compresa la leadership. Al di là dell’ovvio, questa tendenza si sta sviluppando nelle maniere più inaspettate. Potrebbe avvenire cambiando il posto a sedere del sabato mattina, con uno spostamento verso le panche posteriori, o offrendosi di condurre il programma dei bambini per fuggire alla vita di chiesa adulta. O potrebbe essere qualcosa di più significativo, come un dubbio inespresso o una diversa visione teologica.
Alla fine, quando una chiesa arriva a scoprire che qualcuno sta lottando con la propria fede o con la propria comunità, la migliore strategia è quella di mettersi molto semplicemente all’ascolto. Coloro che escono dalla chiesa sono più disposti al dialogo di quanto ci si possa aspettare. La loro richiesta di aiuto non può e non deve essere ignorata.
Di John Blacker
Fonte: https://www.hopechannel.com/read/church-love-me-and-leave-me
Tradotto da Tiziana Calà