Cosa mi sono persa di Dio a 20 anni?

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Avevo vent’anni quando l’argomento “Dio” mi ha incuriosita per la prima volta. Avevo la fortuna di vedere la sua presenza nella vita dei miei amici e desideravo la stessa presenza nella mia vita.

 

A quel tempo, l’ho scoperto come Creatore e Dio onnipotente. Ho accettato la sua Parola, la Sacra Scrittura, come principio guida della mia vita e sono stata disposta ad ascoltare e a sacrificare tutto ciò che mi chiedeva. Ho seguito tutti i comandamenti rivelati e ho sperimentato molte benedizioni che derivano dall’ubbidienza. Ho stretto un’alleanza con lui e ancora oggi festeggio quel giorno ogni anno. Ciò che ho scoperto allora mi ha sostenuto nei vent’anni successivi, ma ora mi rendo conto che conoscere alcune altre cose mi avrebbe aiutata ancora di più.

 

Vorrei aver saputo che Dio mi vede e che questo è sufficiente. Avrei voluto convincermi allora che conosce la mia tristezza, le mie lotte, i miei dubbi, la mia confusione e tutto ciò che c’è dietro, e che si preoccupa per me. Mi sarebbe stato utile capire che quando non interviene subito, spesso è per darmi il tempo necessario per riflettere, crescere e arrendermi, non perché non vuole rispondere o perché non lo ascolto. Mi sarebbe piaciuto sapere che il suo amore non significa restare in una bolla protettiva, ma piuttosto sostenere il mio processo di crescita continua. Avrei incontrato un Dio profondamente interessato alla mia vita quotidiana, a ogni minuto della mia giornata. Avrei trovato prima un Dio che fornisce spazio e sostegno, piuttosto che uno con una moltitudine di pulsanti da premere solo quando avevo bisogno di aiuto.

 

Vorrei aver saputo che Dio non è solo un Dio di “doveri”, ma anche un Dio d’indulgenza. Se l’avessi capito, il mio rapporto con lui sarebbe stato meno teso. Avrei vissuto più momenti di piccole gioie e soddisfazioni fugaci. Avrei capito che non si concentra solo sulle mie debolezze, offrendomi opportunità e consigli per superarle e crescere; vede anche i bisogni nascosti di cui non sono consapevole, le sensibilità contro cui ho lottato ma che lui mi ha dato come benedizioni. Avrei capito che sono importante fin nei minimi dettagli e che non posso guadagnarmi il posto accanto a lui: la sua bontà entra nella mia vita indipendentemente da chi sono o da cosa faccio.

Avrei capito prima che posso trovarlo nei momenti di quiete della meditazione mattutina, nel cinguettio degli uccelli che mi fa sorridere, nella pioggia che mi aiuta a esprimermi, nelle sorprese della giornata. Avrei capito che è così grande che non può essere confinato dalle forme e dalle regole che spesso ho creato per mantenere la santità e la devozione nei suoi confronti. Avrei capito che mi ama semplicemente perché è così, non per quello che sono io.

 

Vorrei aver saputo che Dio ha, e userà, mille altri modi per reindirizzarmi dopo le mie scelte sbagliate. I vent’anni sono stati un’età di decisioni che all’epoca sembravano monumentali: le relazioni che ho stretto, la carriera che credevo giusta, il posto in cui ho scelto di stabilirmi. A poco a poco, ho capito che la vita è molto più dinamica nella realtà. Se avessi capito allora che è meglio agire con il rischio di sbagliare che rimanere fermi nell’incertezza, avrei scoperto che alcune cose diventano chiare solo quando ci si mette in movimento.

Sarebbe stato più facile per me rischiare, iniziare progetti e avere il coraggio e la curiosità di provare cose diverse. Sarei stata più libera di osare, di superare i limiti, di uscire dalla mia zona di comfort e di lasciar andare i luoghi comuni della vita. Avrei potuto abbandonare prima alcune situazioni o relazioni in cui mi sono soffermata per senso di colpa o perché mi sono presa troppa responsabilità per gli errori commessi. Avrei capito più facilmente che Dio non spreca nemmeno una goccia del mio dolore; che le situazioni spiacevoli sono permesse per la mia crescita, offrendo opportunità di sviluppo, e che le persone con cui mi trovo in conflitto sono, in realtà, insegnanti di vita.

 

Avrei voluto sapere che mentre lui è immutabile, io non lo sono. Avrei capito prima che il mio sviluppo personale sposta anche l’angolazione da cui percepisco Dio e che il cambiamento di prospettiva non dovrebbe spaventarmi, anche quando scopro aspetti sorprendentemente nuovi o contraddittori della sua persona. Avrei accettato che quando non lo capisco o lo trovo incoerente, questo riflette semplicemente il punto in cui sono arrivata nel mio cammino. Mi sarei liberata più rapidamente dagli schemi basati sulla tradizione, abbracciando una prospettiva più ampia e sentendomi meno in colpa quando osavo credere in modo diverso da quello che avevo ereditato.

 

Vorrei aver saputo che per ogni cosa o persona che lascia la mia vita, c’è uno spazio per un’altra benedizione.Questa benedizione non è necessariamente equivalente a quella che ho perso, ma spesso è più adatta alle mie esigenze attuali. Questa prospettiva avrebbe lenito molte delle mie frustrazioni e incertezze. Mi avrebbe dato la chiarezza di riconoscere il valore nascosto in ogni sfida, portandomi a un’accettazione più pacifica del cambiamento e incoraggiandomi a esplorare il nuovo con apertura e curiosità.

 

Avrei voluto sapere che anche se Dio è onnipotente, dipende comunque da me. Mentre lui ha tutto sotto controllo, sono io che lo limito. Vorrei aver capito allora che quando non risponde nelle modalità che mi aspetto, sarebbe più utile guardare a ciò che devo ancora imparare, a ciò che devo ancora fare, piuttosto che trovare scuse basate sui miei limiti o sulle mie debolezze. Questa comprensione avrebbe accelerato la mia crescita.

 

Vorrei aver saputo che Dio non ha mai fretta e aver capito che fa ogni cosa bella a suo tempo. Vorrei aver capito che misura il tempo in modo diverso da me e da noi. Avrei gestito più facilmente le pressioni sociali e familiari, avrei aspettato con più fiducia le benedizioni che sembravano ritardare, mi sarei data più tempo per vivere il presente e avrei accolto le prime benedizioni con sorpresa anziché con paura.

 

Vorrei aver saputo che Dio ha il senso dell’umorismo. Ci sono state molte volte in cui ho trovato divertente vedere come le cose si allineavano inaspettatamente e favorevolmente nella mia vita. Purtroppo, nel corso della vita, ho spesso frainteso questo come ironia da parte sua, pensando che stesse scherzando a mie spese. Mi riferisco a tutte quelle situazioni che mi hanno creato disagio o imbarazzo, portandomi alle stesse emozioni irrisolte. Ora, credo che quando riesco a non farmi sopraffare dalle emozioni inibitorie e a fare un passo indietro per vedere le cose con maggiore chiarezza, mi rendo conto che Dio mi sta insegnando importanti lezioni in modo rilassato. Questa prospettiva mi aiuta ad accettarle più facilmente e mi impedisce di prendermi troppo sul serio, evitando il rischio di rimanere bloccata e apprezzando invece pienamente l’umorismo della situazione.

 

Vorrei aver saputo che vede i bisogni dietro i miei peccati. Vorrei aver capito già allora che il problema del peccato è stato definitivamente risolto sulla croce. Vorrei aver capito che la presenza del peccato nella mia vita ora mi porta solo più vicino a lui, non più lontano; che affrontando il peccato, non faccio altro che riconoscerlo come Signore e riconoscere la sua potenza nella mia vita. Vorrei aver capito che l’esposizione del peccato crea opportunità per mettere ordine dentro di me, a livello di mentalità, emozioni, percezioni e decisioni. Vorrei aver capito che il suo sguardo non vede solo in bianco e nero, ma è in grado di discernere un’infinita gamma di sfumature: che non mi giudica in modo semplicistico, in base alle azioni, come spesso faccio, ma in modo profondo, in base al progresso, all’atteggiamento, al desiderio e alla ricerca.

 

Mi chiedo cosa scriverò tra 20 anni. Fino a quel momento, sono contenta di poter scoprire nuovi aspetti sul mio Signore e Salvatore.

 

 

Di Simona Condrachi; ha 43 anni, è coach, moglie e madre. A 20 anni si stava preparando per una carriera diplomatica, studiando contemporaneamente in tre università. Avvicinandosi a Dio, ha capito che poteva servire Dio e gli altri in un modo diverso. Anche se la diplomazia avrebbe potuto fornirle una piattaforma per aiutare le persone, ha scelto di dedicarsi al servizio spirituale, spinta dal desiderio di vivere in modo autentico e di rispondere direttamente ai bisogni di chi la circonda.

Fonte: https://st.network/analysis/top/what-did-i-miss-about-god-in-my-20s.html

Traduzione: Tiziana Calà

Eccolo, finalmente è arrivato!
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