“Siamo passati attraverso il fuoco […] ma poi ci hai tratti fuori in un luogo di refrigerio” (Salmo 66:12).
Gli ultimi dieci giorni sono stati intensi. Mi fa male la testa, ho mille emozioni e vivo in uno stato di caos semi perenne. Il mio futuro è instabile, incerto. Sono circondato da persone che mi amano e faccio parte di un team pastorale che è in prima linea nel cercare di aiutare la nostra chiesa, rimasta sfollata in seguito all’incendio. Faccio parte della storia del Camp Fire che viene raccontata qui e in tutto il resto del mondo.
La giornata di giovedì 8 novembre è iniziata come sempre. Quando mi sono alzato, c’era una traccia ben distinguibile di fumo nell’aria. Ho fatto colazione per poi iniziare il mio momento devozionale, mentre nel cielo pioveva cenere. Mia moglie mi ha chiamato dal suo ufficio all’ospedale Adventist Health Feather River per farmi sapere che l’intera città aveva ricevuto l’ordine di evacuare. Mentre lei guidava verso casa, mio figlio, mia nipote e io abbiamo girato velocemente per casa, raccogliendo foto di famiglia, dispostivi elettronici, documenti importanti e qualche vestito. Non appena Linda è rientrata a casa, ci siamo fatti strada nel fumo per dirigerci fuori città.
Il giorno seguente, siamo andati al ristorante Redding Hometown Buffet per pranzare e poter accedere al Wi-Fi. È stato in quel momento che ho visto le prime foto del campus della mia chiesa…completamente distrutto. La notizia mi ha trovato impreparato, come un pugno in piena faccia. Ma ancora non sapevamo nulla della nostra casa. Sabato pomeriggio abbiamo parlato con un amico che aveva accesso alla zona e gli abbiamo chiesto di controllare la nostra casa. Qualche ora dopo abbiamo ricevuto le notizie e le immagini: della nostra casa era rimasto solo un cumulo di ceneri ancora calde. Ancora una volta, sono stato travolto da uno tsunami di emozioni. Quarant’anni di confort in quella casa sono finiti così, tutto d’un tratto.
L’incendio Camp Fire mi ha colpito nel profondo. Ho perso la mia chiesa e la mia casa. Tutti i pastori della federazione della California del Nord, nella città di Paradise, hanno perso la propria casa, compresi alcuni dei pastori in pensione. 12 dei nostri insegnanti universitari hanno perso anch’essi le loro case. Nonostante la maggior parte della nostra università ha subito dei danni minimi, l’ala K-4 è stata completamente distrutta. Grandi pezzi del nostro campus ospedaliero sono stati spazzati via. Almeno il 90% della nostra comunità è a terra. Le nostre infrastrutture comunitarie non possono più sostenere il peso della nostra perdita. L’odore di fumo e morte riempie l’aria. La devastazione va al di là di ogni comprensione.
Ci sono cose che il fuoco non può distruggere, come per esempio l’amore che si respira in chiesa. La chiesa di Chico ci ha infatti accolto a braccia aperte. Persone capaci e volenterose si stanno dirigendo in zona per aiutarci a ricostruire le nostre vite. Amici e familiari provenienti da tutta la nazione e dal mondo intero ci stanno donando preziose risorse per aiutarci a superare i momenti difficili. E mentre siamo nel bel mezzo della tempesta, mentre non ragioniamo al meglio delle nostre capacità, sto imparando alcune lezioni di leadership, utili in particolare nel quotidiano e per affrontare eventuali crisi di leadership pastorale.
- Sentire l’amore. Carichi di vestiti e prodotti per il bagno sono stati spediti in città. Abbiamo ricevuto telefonate, mail e tanto supporto sui social media. Confezioni contenenti buoni regalo ci sono arrivate per mail, sono stati consegnate a mano o spedite al nostro ufficio di chiesa temporaneo. Sono stati creati dei profili GoFundMe. Diverse unioni e federazioni ci stanno aiutando a raccogliere risorse e ad aiutarci a sostenere le persone a ricostruire. Perfino lo staff della nostra unione era in chiesa per distribuire dei sacchi di granola. Credo davvero che una parte importante dell’amare gli altri sia riuscire a farsi amare.
- Imparare a vivere nel caos. Qui c’è il delirio. Bisogna coordinare il team dei pastori e del personale. Bisogna mobilitare le squadre di volontari. Ci sono dei progetti che devono essere seguiti. Ci sono persone che hanno bisogno di un posto dove dormire e altre forme di assistenza. Ci sono persone che passano nel nostro ufficio e hanno solo bisogno che qualcuno le stringa, che pianga con loro e che dica loro che ce la faranno. Ci sono telefonate e mail che richiedono la nostra attenzione. Stanno succedendo tantissime cose tutte insieme e io sto imparando ad affrontare tutto una cosa alla volta.
- Prendersi cura di se stessi. Se non ti prendi cura di te stesso, specialmente in un periodo di crisi, ben presto scoppierai e diventerai un ennesimo peso. Ecco cosa sto imparando: impegnati per riposare al meglio la notte. Mangia il cibo più salutare che riesci a trovare. Fai un po’ di esercizio fisico per scaricare lo stress. Quest’ultimo consiglio è particolarmente difficile da mettere in pratica, specialmente quando l’aria è praticamente irrespirabile. Passeggia al centro commerciale. Trova una palestra che distribuisce dei pass giornalieri gratuiti per tutti quelli che sono rimasti sfollati. Ritagliati un momento di tranquillità per te stesso. Fai un riposino quando ti senti sopraffatto. Prenditi tutto il tempo che ti serve per stare con la tua famiglia. Goditi gli abbracci ristoratori delle persone importanti della tua vita.
- Mettersi in gioco. Sto scoprendo che una delle cose migliori che tu possa fare per guarire e per incoraggiare la guarigione della tua chiesa in un momento di crisi, è quello di servire gli altri. È davvero necessario lavorare a un ritmo sostenuto e suddividere il tutto in fasi diverse. Metti in funzione un nuovo ufficio di chiesa. Metti in moto lo staff scolastico per far riaprire la vostra scuola in un altro campus il più velocemente possibile. Per qualche giorno occupati dei vestiti e dei prodotti per il bagno; poi passa alle case, ai servizi di salute mentale e ai servizi di supporto locale. Non puoi concentrarti su un’unica cosa per sempre. Pensa a poche cose alla volta.
- Tutto richiede più tempo. Ora che siamo rimasti sfollati, ci vuole più tempo per coprire qualsiasi distanza. Adesso che il nostro equilibrio è stato scosso, ci vuole più tempo anche solo per pensare e fare le cose più semplici. Ora che la città di Paradise è stata distrutta, ci vorrà molto tempo per ripulire la zona e poter ricostruire. Adesso come non mai, quando ci si trova a dover pensare a lungo termine, la pazienza è una virtù.
La chiesa di Chico ci accoglierà per tutto il tempo necessario. Molti di noi vivono da parenti e amici fino a che non potremmo avere un camper o una casa in affitto. Abbiamo l’oggi, abbiamo questo momento. Quello che il domani porterà per le nostre case, per la chiesa, la scuola, l’ospedale e la comunità è ancora incerto. Ecco perché apprezzo molto una piccola targa dell’ufficio della chiesa di Chico che riposta questa semplice citazione di Corrie ten Boom: “Non aver mai timore di sperare in un futuro sconosciuto a un Dio noto”.
Dan Martella è il pastore della chiesa avventista della città di Paradise, nonché redattore capo della rivista Best Practices for Adventist Ministry.
Di Dan Martella
Fonte: http://www.nadministerial.com/stories/2018/11/21/camp-fire-lessons
Tradotto da Tiziana Calà