“Fino alla vostra vecchiaia io sono, fino alla vostra canizie io vi porterò; io vi ho fatti, e io vi sosterrò” (Isaia 46:4).
“La vita è così breve!”. Questa frase è stata riportata dallo scrittore Julien Green nel suo diario, che l’ha attribuita a un’anziana donna del posto. Fu l’ultima cosa che disse sul letto di morte, all’età di 94 anni. La dolorosa brevità della vita diventa molto più chiara a chi è arrivato alla fine dei suoi giorni, così come i disagi della vecchiaia si fanno sentire più intensamente quando iniziano a rodere la nostra carne.
Anche se può sembrare una preoccupazione recente, la paura di invecchiare è sempre esistita in qualche misura. Le sue dimensioni sembrano essere cresciute, amplificate e intorpidite contemporaneamente dalle promesse dell’industria dell’anti-invecchiamento, con le sue irresistibili offerte adatte a tutte le tasche, e dalle paure generate dal processo di declino.
Nel suo diario, Green annota di tanto in tanto le sue riflessioni sulla morte e sull’invecchiamento. A 58 anni, si commuove per le parole di Chateaubriand sul ricordo delle scene di gioventù: è come “visitare le rovine alla luce di una torcia”. A 69 anni, riporta le sue impressioni su un libro sulla vecchiaia di Simone de Beauvoir, che trova terribile. Scrive di come si possa leggere chiaramente il verdetto dell’invecchiamento negli occhi dei passanti, che quasi non ti notano più. A distanza di tre anni, confessa che solo ora capisce bene le paure della morte descritte dallo scrittore François Mauriac. Parla del desiderio di morire che lo assale quando ricorda i giorni felici di un tempo, quando era circondato da membri della famiglia che ora vivono solo nei suoi ricordi.
Cinquant’anni dopo, lo scrittore Mircea Mihăieș dipinge un quadro altrettanto cupo (o forse solo realistico) della vecchiaia. Nel mondo postmoderno, la vecchiaia è un’afflizione, una vergogna, uno stato di fragilità fisica e mentale, un vero e proprio fardello, una stagione tragica perché l’individuo non può più reinventarsi prima di scivolare nel sonno della morte.
Se la vecchiaia è un susseguirsi di perdite e separazioni, come possiamo prepararla, viverla piuttosto che sopportarla o addirittura abbracciarla? Possiamo affrontare gli anni difficili della vecchiaia da diversi punti di vista. Abbiamo a disposizione una pletora di trattamenti e misure preventive per ritardare o attenuare l’insorgere di disturbi e disabilità che accompagnano questa fase della vita. Forse abbiamo la possibilità di assaporare le conquiste del passato e di apprezzare i momenti del presente in compagnia dei nostri cari.
Tuttavia, la speranza e la gioia in mezzo alle inevitabili avversità, soprattutto nell’ultima parte della vita, nascono al di fuori di noi, come accade in tutte le stagioni della nostra vita.
Come affrontare le nostre paure di invecchiare
Il pastore John Piper fa il punto su una serie di paure associate alla vecchiaia, ammettendo di esserne lui stesso alle prese, ed esamina i rimedi che la Scrittura offre per ognuna di queste paure.
Il cristiano può essere grato per come è stato guidato in passato, ma ha anche validi motivi per guardare al futuro con fede. Che si tratti dei prossimi minuti o di contemplare ciò che accadrà tra mesi e anni, ciò che ci sostiene è la “fede nella grazia futura”, dice Piper, esprimendo la convinzione che la grazia di Dio ci sosterrà momento per momento, fino al nostro ultimo respiro.
La paura dell’ignoto è impressa nelle nostre anime in un mondo in cui la maggior parte dei doni che abbiamo sono effimeri come bolle di sapone. Tuttavia, Dio stesso promette che ci sosterrà fino alla vecchiaia (cfr. Isaia 46:4) e che le sue braccia eterne saranno sempre il nostro rifugio (cfr. Deuteronomio 33:27).
Piper sottolinea che la Bibbia è un tesoro di promesse che ci sostengono in ogni momento di difficoltà. Forse temiamo le decisioni che dovremo prendere nei nostri anni di debolezza, ma Dio ci assicura che non ci lascerà da soli ad affrontare le scelte che ci attendono (“Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te” – Salmo 32:8).
O forse ci preoccupiamo che i nostri risparmi non siano sufficienti a coprire le cure mediche o altre necessità in età avanzata, ma l’apostolo Paolo ci ricorda che Dio è stato disposto a farci il dono più costoso dell’universo: “Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui?” (Romani 8:32).
Se temiamo la solitudine, abbiamo qualcuno che sarà con noi “tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente” (Matteo 28:20). Se la paura della sofferenza ci perseguita, la Bibbia ci assicura che il dolore opererà qualcosa di magnifico in noi (cfr. Romani 5:3-5) e che le nostre sofferenze, che durano solo un momento nella prospettiva dell’eternità, ci portano “un peso eterno di gloria” (2 Corinzi 4:17). Quando si insinuano dubbi sulla nostra capacità di confidare in lui fino alla fine, possiamo aggrapparci alla certezza che Colui che ha iniziato l’opera di salvezza delle nostre anime la porterà anche a compimento (cfr. Filippesi 1:6).
Ma che dire della paura dell’insignificanza, soprattutto in una società in cui sembra che il nostro valore sia determinato da ciò che possiamo produrre?
Portare frutto nella vecchiaia
“Quelli che sono piantati nella casa del Signore fioriranno nei cortili del nostro Dio. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia; saranno pieni di vigore e verdeggianti” (Salmo 92:13-14).
Anche se non ci aspettiamo che tutti gli anziani mostrino la saggezza che associamo ai loro anni, c’è qualcosa di insostituibile nella generazione più anziana: solo loro possono trasmettere valori e conoscenze accumulati e sperimentati nel corso della vita, dice il pastore Johan D. Tangelder. “Non si è mai troppo vecchi per servire Dio”, afferma Tangelder, sottolineando che il modo in cui la fede viene trasmessa da una generazione all’altra richiede una stretta relazione tra anziani e giovani.
Per coloro che temono che la vecchiaia significhi irrilevanza e inutilità, la Bibbia presenta personaggi che hanno servito Dio con entusiasmo mentre invecchiavano. Si pensi a Sara, Naomi, Elisabetta, Zaccaria, Simeone e Anna, che hanno salutato con gioia la nascita del Messia.
Per i cristiani, la vecchiaia ha una connotazione diversa da quella enfatizzata dalla nostra cultura. “I cristiani non si sforzano di nascondere la loro età con trattamenti anti-invecchiamento e allenamenti estenuanti, non si immergono completamente nel passato e non vivono solo per godersi il relax e gli hobby trascurati in gioventù”, dichiara Tangelder. Un vero cristiano servirà in qualsiasi modo consentito dalle sue capacità, dalle sue risorse e dal suo grado di autonomia, seguendo l’esempio di Gesù.
“E se le limitazioni fisiche non consentono più di svolgere attività di volontariato o altre forme di servizio attivo, c’è sempre la possibilità di servire gli altri attraverso la preghiera”, dice il pastore.
“La forma più dolorosa di discriminazione basata sull’età è quando gli anziani stessi si percepiscono come inutili, poco importanti o facilmente sostituibili”, afferma il professor George C. Fuller in un articolo che elenca le forme di servizio accessibili agli anziani. I cristiani vivono per gli altri, quindi al centro del servizio non ci sono i bisogni (per quanto pressanti) degli altri, ma la nostra motivazione: il nostro amore per Dio ci porta ad amare il prossimo. Partendo dal ruolo fondamentale del servizio nella vita dei cristiani di tutte le età, Fuller osserva che incoraggiare gli anziani a rimanere al servizio smonta il mito dell’improduttività degli anziani, dà loro un senso di utilità e desiderabilità e abbatte le barriere non bibliche tra le generazioni.
Scrivendo dei cambiamenti che quelli della sua generazione hanno sperimentato in una vita che non assomiglia all’esperienza di nessun’altra generazione da questo punto di vista, il pastore Adolf Troester osserva che gli ultimi decenni della vita di una persona possono essere i migliori di tutti. Almeno questo è quello che è successo con Mosè o Caleb. La nostra disponibilità a lasciare che Dio risplenda attraverso di noi è il grande dono che possiamo fare a lui, ma anche a noi stessi, “perché i nostri ultimi anni potrebbero essere d’oro”, dice Troester.
“La morte e l’invecchiamento che spesso la precede non facevano parte del piano di Dio per l’umanità, ma sono gli effetti della ribellione dell’umanità contro il suo Creatore”, afferma la dottoressa Elizabeth Mitchell, che sostiene che è alla Scrittura che dobbiamo rivolgerci per trovare risposte alle grandi domande della vita.
Dopo aver passato in rassegna alcune spiegazioni che gli scienziati stanno cercando di formulare sulle cause (e sui possibili rimedi) dell’invecchiamento, la Mitchell confessa la sua convinzione che nessuna scoperta potrà invertire l’invecchiamento, anche se la medicina ha fatto progressi che hanno allungato l’aspettativa di vita.
“Nonostante il disagio e l’ansia con cui molti guardano alla vecchiaia, ci sono molte benedizioni che accompagnano questa età”, afferma la dottoressa. Una di queste è che, non potendo evitare il declino e la sofferenza associati all’invecchiamento, diventiamo consapevoli della vanità della vita e del nostro profondo bisogno di Colui che ci ha creati.
“In un mondo spaventato dalla vecchiaia, che la combatte e cerca di camuffarla, i cristiani sono tentati di adottare la stessa visione ristretta, ma Dio ha una prospettiva molto migliore sull’invecchiamento”, riporta lo scrittore cristiano Jason Thacker.
Il nostro valore non risiede in quanto tempo riusciamo a mantenere la nostra giovinezza (o la sua illusione) né nella nostra produttività, in ciò che abbiamo ancora da offrire alla società. “Anche quando una persona non può più offrire nulla, il suo valore rimane infinito perché porta in sé l’immagine di Dio”, afferma Thacker. Pertanto, se crediamo con tutto il nostro essere che Dio è vivo e che un giorno vivremo alla sua presenza, senza essere toccati dalla morte o dalla sofferenza, possiamo abbracciare la vecchiaia perché tutto ciò che sperimentiamo con lui è un guadagno (cfr. Filippesi 1:21).
“All’età di 80 anni, le domande su come gestire la perdita e il declino o su come conciliare il realismo sull’invecchiamento con la speranza, il significato e il rispetto per la vita assumono un significato crescente”, afferma il professore di teologia Harvey H. Potthoff. In un articolo che esplora il processo di invecchiamento da prospettive diverse, ma complementari, di molti autori cristiani, Potthoff conclude che ogni giorno è una mini-vita, che merita di essere vissuta appieno perché Dio è presente sia nei momenti di gioia e prosperità sia in quelli di regressione e crepuscolo.
“Un giorno”, racconta il professore, “John Quincy Adams, ex presidente degli Stati Uniti dalla veneranda età, incontrò un amico più giovane che, per educazione o forse per sincero interesse, gli chiese come stesse. La risposta del presidente rifletteva la sua fede nel fatto che la vita doveva essere vissuta fino agli ultimi istanti di bellezza e benedizione che ancora portava con sé: John Quincy Adams sta molto bene, grazie. Ma la casa in cui vive è tristemente fatiscente. Sta crollando sulle sue fondamenta. I muri sono malridotti e il tetto è logoro. L’edificio trema a ogni vento e credo che John Quincy Adams dovrà andarsene tra non molto. Ma lui sta molto bene, grazie”.
Di Carmen Lăiu, redattrice di Signes of the Times Romania e ST Network
Fonte: https://st.network/analysis/top/christians-who-dont-fear-old-age.html
Traduzione: Tiziana Calà