In “A History of Young People in the West”, Giovanni Levi e Jean-Claude Schmitt sostengono che, nel mondo occidentale, l’adolescenza è innanzitutto una costruzione socio-culturale, e quindi un prodotto culturale. La considerano solo sussidiariamente come una fase del processo fisiologico di crescita.
Fino all’epoca moderna, le persone erano ben lontane dal percepire l’adolescenza come una fase unica e significativa come viene vista e vissuta oggi.
L’adolescenza: un’invenzione?
L’idea di un intervallo tra le età si può far risalire all’antichità, quando le sei età del mondo erano associate a sei età umane: infantia (0-7 anni), pueritia (7-14 anni), adolescentia (14-28 anni), juventus (28-50 anni), gravitas (50-70 anni) e senectus (70+ anni).
Il periodo dell’adolescenza amplifica la tendenza umana a filosofeggiare su tutto ciò che è tangenziale alla naturale vita quotidiana. La ricerca degli adolescenti di trovare la propria identità e di costruire se stessi rivela una maggiore capacità di percepire aspetti morali come la giustizia, l’amore o l’equità, ma allo stesso tempo rivela una riluttanza ad assimilare le espressioni pratiche di questi elementi morali. Se la religione è un sistema attraverso il quale le credenze vengono trasposte in pratiche, in un codice di comportamento comunitario, per l’adolescente la ricerca dell’identità personale sembra contrastare con l’identità comunitaria-religiosa.
Gli adolescenti e l’indipendenza
L’adolescente tende a considerare i valori morali come desiderabili e indispensabili, ma tende anche a volere solo i valori che comprende e, se possibile, quelli che mancano alle persone che lo circondano.
Dato che l’originalità diventa talvolta un’ossessione adolescenziale, il fatto che gli adolescenti soppesino ogni valore e interiorizzino i principi che comprendono li porta a percepire i valori come un prodotto della propria ragione.
La resistenza alla religione è piuttosto un’espressione di opposizione all’autorità e ai divieti di qualsiasi tipo. La stessa idea è sostenuta da Gordon Allport, secondo il quale la ribellione dell’adolescente è strettamente legata alla ricerca dell’identità ed è espressione dei suoi tentativi di raggiungere l’indipendenza.
I comportamenti che esprimono libertà di azione e di pensiero sono specifici di questo periodo. Una volta superata la fase dell’imitazione infantile, il giovane inizia a ragionare e quindi a sottoporre tutte le pratiche religiose alla propria critica. Ciò che non comprende, lo evita, lo sottovaluta o addirittura lo elimina.
Gli adolescenti e l’ipocrisia
Vasilios Thermos ritiene che, mentre la fede degli adolescenti diventa sempre più personale, la paura dell’ipocrisia è più grande di qualsiasi altra paura. Essi identificano le incoerenze proprie e degli adulti. Le incoerenze degli adulti sono considerate ipocrisia e invalidano il sistema che rappresentano, così come le loro stesse incoerenze invalidano i valori che non riescono a interiorizzare attraverso un comportamento coerente. L’ipocrisia degli altri o la propria ipocrisia personale portano allo stesso risultato.
L’impatto della religiosità nell’adolescenza
Il coinvolgimento in attività religiose e spirituali come la preghiera, la meditazione o altre discipline religiose può essere correlato a un aumento della densità della materia grigia, a un aiuto nel controllo delle emozioni e all’autorealizzazione o autoregolazione. Allo stesso tempo, queste discipline spirituali aumentano le possibilità di uno sviluppo positivo nei giovani. La chimica del cervello sembra essere influenzata dalle pratiche religiose, soprattutto nel periodo in cui si gettano le basi biologiche del comportamento sociale. L’ossitocina è un ormone che agisce come neurotrasmettitore associato al comportamento affiliativo o all’ansia e all’aggressività. Un livello elevato di ossitocina porta a comportamenti sociali affiliativi, mentre un livello basso porta all’ansia o all’aggressività. La ricercatrice Elena Grigorenko ritiene che “a causa del suo legame con l’affiliazione, la spiritualità si basa, almeno in parte, sulle proprietà funzionali dell’ossitocina”.
Amy Eva Alberts Warren presenta una serie di studi che dimostrano che gli individui affiliati alla religione, e in particolare quelli che hanno ricevuto una solida educazione religiosa fin dall’adolescenza, hanno ottenuto punteggi più alti in termini di benessere psicologico e coinvolgimento nella comunità, rispetto agli individui non religiosi.
Per evidenziare la capacità di una persona di essere utile alla società, gli psicologi hanno fatto ricorso a un concetto definito dall’associazione di due sotto-concetti: amore e compassione sono considerati espressione della necessaria relazione con noi stessi e con il prossimo e, allo stesso tempo, fondamento della salute e della realizzazione psicologica. Attraverso il suo stesso DNA, il cristianesimo sostiene la realizzazione del desiderio di ciascuno di noi di essere amato e liberato dalla sofferenza, motivo per cui ci si aspetterebbe che l’affiliazione alla religione cristiana influisca sul benessere psicologico e sul livello di impegno sociale degli individui.
I ricercatori Lisa Miller e Brien Kelley citano diversi studi che dimostrano che la fede e l’impegno religioso possono influenzare positivamente il funzionamento psicologico degli adolescenti in aree quali il rendimento scolastico, l’autostima, il benessere soggettivo, il coinvolgimento nella comunità, l’adozione di uno stile di vita sano, ecc. Lo studio mostra anche che gli adolescenti religiosi sono meno colpiti da ansia e depressione, rifiutano il sesso prematrimoniale, hanno un basso rischio di suicidio e un basso livello di probabilità di adottare pratiche antisociali e violente, e presentano un basso livello di delinquenza e un basso rischio di consumo di droga.
L’adolescenza (periodo di grandi interrogativi che pesano su tutte le credenze ereditate) è il periodo cruciale per determinare l’attaccamento ai valori morali e alle credenze religiose.
La ricerca di risposte a quelle domande legate al significato e all’identità, anche se nascono nel contesto dello sviluppo dell’autonomia, garantisce l’attenzione, l’interesse e la curiosità dell’adolescente verso il mondo spirituale.
Gli adolescenti sono interessati alla spiritualità, ma spetta alla chiesa trovare i mezzi necessari per soddisfare i loro bisogni.
Di Crina e Ștefăniţă Poenariu, che considerano l’adolescenza un costrutto culturale che enfatizza le caratteristiche negative di un periodo intermedio dello sviluppo umano. Essi ritengono che i maggiori benefici dell’adolescenza siano la curiosità, l’inclinazione alla spiritualità e la ricerca dell’identità.
Fonte: https://st.network/analysis/top/teenagers-and-religion.html
Traduzione: Tiziana Calà