Il saggio e lo stolto: la storia di un uomo
Regnava su Israele unito al suo apice. Avendo ereditato da suo padre la pace, la prosperità e la pietà, le premesse per il suo successo erano ben fondate. E il successo arrivò.
Iniziare bene
Salomone iniziò bene. All’inizio del suo regno convocò il suo gruppo dirigente e si recò al tabernacolo di Gabaon per cercare il Signore. Mentre era lì, Dio gli apparve in sogno, offrendogli qualsiasi cosa desiderasse. “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda” fu l’invito aperto del Signore (cfr. 2 Cronache 1:7; 1 Re 3:5). La risposta di Salomone rivela un’umiltà e una consapevolezza di sé che è istruttiva per tutti noi.
“Ora, o Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare me, tuo servo, al posto di Davide mio padre, e io sono giovane, e non so come comportarmi. Io, tuo servo, sono in mezzo al popolo che tu hai scelto, popolo numeroso, che non può essere contato né calcolato, tanto è grande. Dà dunque al tuo servo un cuore intelligente perché io possa amministrare la giustizia per il tuo popolo e discernere il bene dal male; perché chi mai potrebbe amministrare la giustizia per questo tuo popolo che è così numeroso?” (1 Re 3:7-9).
Salomone considerava il suo regno come una sacra fiducia affidatagli. Il peso della responsabilità lo rendeva così umile che sentiva il bisogno dell’aiuto divino. Vide chiaramente che il compito era di gran lunga superiore alle sue capacità e si appellò all’Onnipotente perché provvedesse alla sua mancanza. Invece di sottrarsi a una chiamata che superava le sue capacità, Salomone vide in questa chiamata un invito alla preghiera. Ecco perché era venuto a Gabaon per sacrificare mille olocausti (cfr. versetto 4).
Le benedizioni di Dio
Tra l’altro, l’olocausto era un sacrificio che veniva offerto nella sua totalità (cfr. Levitico 1:9,13), a significare un’offerta completa di sé al Signore. Si trattava di un’offerta sostitutiva (cfr. versetto 4) che indicava Gesù, che ha preso il nostro posto e ha dato se stesso per la nostra salvezza. Accettando il suo sacrificio a nostro favore, siamo in grado di vivere completamente consacrati a lui (cfr. Galati 2:20).
Quando Salomone portò i suoi olocausti davanti al Signore, riconobbe che i propri sforzi erano insufficienti per soddisfare l’alto standard di Dio. Esercitò la fede nei meriti del futuro sacrificio di Cristo, che avrebbe soddisfatto tutte le sue necessità secondo le sue ricchezze nella gloria. Inoltre, Salomone si consacrò completamente a servire Dio con tutto il suo essere in un atteggiamento di umiltà. Salomone cercò il Signore e il Signore si fece trovare. La sua richiesta di un cuore comprensivo in risposta all’invito di Dio non era che un’espressione verbale di ciò che lo aveva motivato a venire a Gabaon. Riconoscendo la sua carenza e la potenza di Dio, Salomone pose le basi per diventare l’uomo più saggio del mondo.
Dio accolse la richiesta di saggezza di Salomone e aggiunse alla benedizione “ricchezze, beni e gloria, come non ne ebbero mai i re che ti hanno preceduto, e come non ne avrà mai nessuno dei tuoi successori” (2 Cronache 1:12).
La saggezza all’opera
Nel quarto anno di regno, Salomone intraprende il grande compito di costruire il tempio (cfr. 2 Cronache 3:2), un privilegio negato a suo padre Davide, e che Salomone non prende alla leggera. Ci vogliono sette anni per completare il progetto (cfr. 1 Re 6:38). Non si risparmia per assicurarsi che venga eseguito con puntigliosa eccellenza, assumendo i migliori artigiani e ordinando materiali di altissima qualità (cfr. 2 Cronache 2:7-9). Dall’inizio alla fine, il progetto di costruzione viene portato avanti con grande precisione (cfr. 2 Cronache 8:16).
La notizia della ricchezza e della saggezza di Salomone si diffonde in lungo e in largo. Dall’Oriente arriva la regina di Saba per indagare sulla validità delle affermazioni che ha sentito. Dopo aver reso visita a Salomone e aver visto il suo regno, è costretta a confessare che non solo le notizie erano vere, ma che erano niente rispetto alla realtà. “Tu superi la fama che me n’era giunta”, afferma (2 Cronache 9:6). Il modo in cui Salomone si presenta e le ricchezze che ha accumulato portano la regina di Saba a benedire il suo Dio (cfr. versetti 7 e 8). A quanto pare, Salomone è stato attento a dare a Dio la gloria di tutti i suoi successi. Possiamo dedurre che mentre “tutti i re della terra cercavano di vedere Salomone per udire la saggezza che Dio gli aveva messa in cuore”, egli utilizzava quelle occasioni per glorificare Dio (cfr. versetto 23). In questo modo, la saggezza e la prosperità di Salomone furono una via per espandere la conoscenza del Dio dei cieli.
Fondamenti di stoltezza
Purtroppo, Salomone non fu perfetto nell’osservare le istruzioni di Dio e queste sviste portarono alla sua rovina (cfr. Proverbi 1:7). In tre aree degne di nota, egli non si attenne ai consigli divini.
In primo luogo, si sposò al di fuori della fede (cfr. 1 Re 3:1). Dal punto di vista del mondo era vantaggioso rafforzare la relazione con una potente nazione straniera. Tuttavia, Dio aveva proibito al suo popolo di sposarsi con miscredenti (cfr. Deuteronomio 7:3-4). In secondo luogo, Dio aveva predetto che gli israeliti avrebbero richiesto un re terreno a imitazione delle nazioni circostanti, ma aveva stabilito delle garanzie per preservare la monarchia israelita come distintiva. Il re d’Israele non doveva accumulare ricchezze o mogli per sé, “affinché non perverta il suo cuore” (Deuteronomio 17:17). Ma col tempo Salomone fece proprio questo (cfr. 2 Cronache 1:14-17; 1 Re 11:1-3). Infine, nell’attività più sacra della costruzione del tempio, non consultò Dio su chi dovesse guidare il progetto. Mentre Dio aveva dotato Besaleel e Ooliab dell’abilità di costruire il tabernacolo nel deserto, Salomone cercò ora i loro discendenti, che tra l’altro erano di stirpe mista, per guidare il progetto di costruzione (cfr. 2 Cronache 2:7,13-14). Se fosse stato necessario, Dio avrebbe potuto incaricare un operaio fedele all’interno d’Israele di guidare il progetto.
Per quanto riguarda la sua vita personale, i suoi beni e i suoi progetti, Salomone scese a compromessi. La sua inadeguatezza non era una mancanza di conoscenza, perché Salomone era ben consapevole di ciò che doveva fare. Aveva tempo, risorse e capacità per seguire le istruzioni del Signore, ma per qualche motivo la sua ubbidienza a Dio non era completa. Questi compromessi nella sua vita gettarono le basi per il declino dell’uomo più saggio mai esistito.
Una parabola incarnata
Nella vita di quest’uomo sentiamo gli echi della parabola che Cristo racconta in conclusione al sermone sul monte. Come dice una classica canzone per bambini: “La casa tua mai dovrai costruir, vicino al mar, sulla sabbia… altrimenti la vedrai crollar giù e tu dovrai costruire la tua casa ancor. Se costruisci invece su Gesù, più forte e solida la casa tua sarà, i venti soffieranno ancora, ma la tempesta non la abbatterà”.
Sia l’uomo saggio che quello stolto della parabola di Gesù costruirono una casa. Gesù non fa alcun commento sui materiali usati per costruire le case. Può benissimo darsi che avessero usato gli stessi materiali. Entrambi gli uomini si trovano ad affrontare le sfide della pioggia e delle inondazioni. L’unica differenza è il luogo in cui hanno scelto di costruire la propria casa, e questa differenza influisce sulla capacità di resistere alle difficoltà che inevitabilmente si presentano.
Spiegando la parabola, Gesù ci dice che sia il saggio sia lo stolto ascoltano le sue parole, ma si differenziano per il fatto che uno segue le sue istruzioni e l’altro no. Quando arrivano i tempi difficili, colui che non solo ascolta ma mette in pratica i comandamenti di Cristo rimane saldo, come la casa costruita sulla roccia. Al contrario, chi ascolta ma non mette in pratica i comandamenti di Cristo cade, come la casa costruita sulla sabbia. Evidentemente, ascoltare le parole di Cristo, nella parabola, corrisponde a costruire una casa.
Chi ascolta e chi fa
Senza ascoltare le parole di Cristo, non si può costruire nulla, ed è bene ricordarselo. È importante ciò che si ascolta. In un mondo in cui molte voci si contendono la nostra attenzione, è importante sintonizzarsi su ciò che Gesù dice. C’è l’ulteriore pericolo di rimanere in una camera d’eco e di ascoltare solo le voci che rispecchiano le nostre. L’obiettivo del cristiano non è quello di ottenere una dieta di ascolto equilibrata, durante la quale si ascoltano voci diverse provenienti da vari ambienti. Il nostro obiettivo è piuttosto quello di ascoltare la voce di Gesù. Le nostre orecchie devono essere allenate attraverso lo studio della Parola di Dio, dove la sua voce è più chiara, affinché possiamo essere in grado di discernere la sua voce che parla in tutte le nostre interazioni.
Ascoltare la Parola di Dio, però, non è sufficiente. Salomone aveva accesso alla Parola di Dio, il tempo per rifletterci e le risorse per metterla in pratica, eppure è caduto, ha sbagliato. La parabola di Cristo insegna che la sapienza non consiste nell’ascoltare ciò che Dio dice, ma nel fare ciò che egli dice. È così che un uomo può essere saggio un momento, quando mette in pratica la Parola di Dio, e stolto il momento successivo, quando abbandona l’ubbidienza al Creatore. All’inizio del suo regno, Salomone esemplificò un cuore che si abbandonava a Dio. Non solo sapeva di avere un’alta vocazione come sovrano del popolo di Dio, ma voleva adempiere alla sua vocazione con fedeltà. Il suo cuore era al posto giusto, come attesta Dio, “poiché questo è ciò che hai nel cuore” (2 Cronache 1:11). Evidentemente, quando nel nostro cuore c’è la volontà di ubbidire, Dio ci viene incontro, come ha fatto con Salomone, e ci fornisce tutto ciò di cui abbiamo bisogno per adempiere alla sua chiamata. Non ci resta che far sì che il nostro cuore sia in condizione di mettere in pratica la Parola di Dio e non solo di ascoltarla. Poi, quando arriveranno le tempeste, resteremo in piedi per grazia di Dio.
Di Sikhululekile Daco, redattore associato di Adventist Review
Fonte: https://adventistreview.org/magazine-article/its-a-heart-issue/
Traduzione: Tiziana Calà