La domenica pomeriggio era un momento sacrosanto in Argentina. Tutto sembrava tranquillo, tutto rallentava tra le 14 e le 17, durante la siesta. Anche i negozi chiudevano. Si sentiva solo il rumore delle cicale mentre tutto il quartiere faceva un pisolino. Giovani e vecchi, ricchi e poveri erano uniti da questa meravigliosa tradizione. O almeno, ora penso che sia meraviglioso; da bambina, mi sembrava che dormire fosse una completa perdita di tempo!
Molti di noi lo pensano ancora. Da un lato, ci sentiamo esausti e abbiamo un disperato bisogno di riposo. Dall’altro, i nostri mezzi tentativi di ritagliarci del tempo per rilassarci dimostrano che pensiamo di avere cose migliori da fare con il nostro tempo.
Credo che il nostro rapporto di amore-odio con il riposo si basi su tre concetti sbagliati: che il tempo è denaro, che essere occupati significa essere importanti e che la velocità può proteggerci dal dolore. Ma se siamo disposti a cambiare la nostra prospettiva, troveremo il piacere che il riposo ci dovrebbe dare.
- Il tempo non è denaro
Se il tempo è denaro, dovremmo trattarlo come un ristorante “all you can eat”. Con nauseante ingordigia dovremmo continuare a versare attività sui nostri piatti stracolmi. Quando ci fa male lo stomaco, invece di fermarci, dovremmo sbottonarci i pantaloni per fare spazio al dolce. Se il tempo è denaro, più cose riusciamo a incastrare nelle 24 ore di tempo, a prescindere da quanto la cosa ci infastidisca e ci scombussoli, migliori saranno i rendimenti che otterremo dal nostro investimento.
Ma se il tempo non fosse denaro, ma vita? Pensateci: non possiamo risparmiare tempo, lo possiamo sprecare ma non risparmiare. Spenderete ognuno degli 86.400 secondi di oggi, a prescindere da quanto velocemente lavorerete. Come sottolinea il minimalista zen Leo Babauta: “La vita è migliore quando non cerchiamo di fare tutto. Imparate a godervi la parte di vita che state vivendo, e la vita si rivelerà meravigliosa”. Ci serve solo una fetta di vita, non l’intero buffet.
Il tempo è molto più costoso del denaro. È la materia prima della nostra esistenza, è limitata, preziosa e fugace. Una volta finito il tempo, non c’è denaro che possa aiutarci. Scegliete saggiamente come usare le vostre giornate. Sempre Babauta afferma: “Fare un grande numero di cose non significa ottenere qualcosa di significativo”. Invece della quantità, puntate sulla qualità; puntate ad avere tempo per ciò che amate veramente.
- La tirannia della produttività
Un paio di mesi fa ho preso l’influenza. Ho chiamato al lavoro e ho detto che non ce l’avrei fatta e poi ho passato tutto il giorno a dormire. Sarò sincera: anche se mi sentivo malissimo, in realtà ero felice, finalmente potevo riposare senza sentirmi in colpa!
Ci sentiamo orgogliosi nell’essere impegnati: ci fa sentire utili e importanti. Ma corriamo anche un grande rischio. Quando il nostro senso di autostima è troppo legato all’essere produttivi, ci sentiamo colpevoli quando ci riposiamo. Come sottolinea Alex Soojung-Kim Pang, autore ed entusiasta sostenitore del riposo, “Se il tuo lavoro è il tuo io, quando cessi di lavorare, cessi di esistere”. Senza le “foglie di fico” del lavoro, ci sentiamo nudi ed esposti.
Nel suo libro “In Praise of Slowness”, il giornalista canadese Carl Honoré osserva con acutezza: “Quando la gente si lamenta: ‘Oh, sono così occupato, sono così indaffarato, la mia vita va velocissima, non ho tempo per niente’, quello che spesso intende dire è: ‘Guardatemi: sono estremamente importante, eccitante ed energico’”. In questo senso, il riposo è un atto di umiltà. È dire: “Sono finito, non posso fare tutto. Non sono Dio”. Il riposo ci fa vedere la differenza tra “fare” ed “essere”. Ci costringe a saltare giù dal tapis roulant e a ricordarci chi siamo.
- Velocità paralizzante
A un livello più profondo, credo che temiamo il riposo per le stesse ragioni per cui temiamo il silenzio. Se rallentiamo, le nostre ansie e preoccupazioni potrebbero raggiungerci. Così, viaggiamo a tutta velocità, con la musica a tutto volume, per mettere a tacere la vocina dentro di noi che chiede spiegazioni. Ci diamo da fare per intorpidire la nostra solitudine, la nostra vulnerabilità.
Tuttavia, come sottolinea astutamente la ricercatrice americana Brené Brown: “Non possiamo intorpidire selettivamente le emozioni; quando intorpidiamo le emozioni dolorose, intorpidiamo anche le emozioni positive”. La velocità ci farà sentire meno dolore, ma anche meno gioia, meno amore, meno tutto.
Il riposo è un atto di coraggio emotivo. È un atto di guerra contro il consumismo e la banalità. Ci vuole un po’ di pace e di tranquillità per abituarsi. All’inizio, il silenzio può essere assordante; ma ci invita a un senso più profondo, a un più chiaro obiettivo e a un risvegliato senso di piacere. Il prezzo è alto, ma la ricompensa è grande!
Il Sabato come antidoto
Mi rendo conto che il nostro mondo postmoderno è stanco di pretese universali. Ma permettetemi di fare un po’ di luce sul quarto comandamento: “Ricordati del giorno del riposo per santificarlo” (Esodo 20:8). Qui, Dio sta fondamentalmente dicendo: “Ricordati di riposare”. Lavora sei giorni, ma prenditi il settimo per riposare. Perché? Perché se ci dimentichiamo di riposare, lavoreremo troppo e ci intorpidiremo, perdendo tutte quelle piccole cose che ci circondano. Dimenticheremo che la nostra identità non deriva dal fare, ma dall’essere. Se ci dimentichiamo di riposare, non avremo tempo per amare, per ridere con i nostri figli e per vagare nella natura.
Così, come Wayne Muller, l’autore di “Sabbath: Restoring the Sacred Rhythm of Rest”, sottolinea, Dio dice: “Per favore, non farlo. È uno spreco di un bellissimo dono che ti ho fatto. Se tu conoscessi il valore della tua vita, non sprecheresti un solo respiro. Quindi, ti do questo comandamento: ricordati di riposare”. Il fatto che sia un comandamento, più che un suggerimento di stile di vita, è un atto di misericordia. Proprio come una madre che insiste quando il suo bambino esausto si rifiuta di dormire, Dio sa cosa è meglio per noi. Non è una regola capricciosa di un dio meschino, che vuole diminuire la nostra produttività; è la regola di un Padre amorevole che si prende cura dei nostri bisogni.
Gesù ha detto che il Sabato è stato fatto per l’uomo (Marco 2:23-28). È un giorno che dissolve l’urgenza artificiale della nostra routine e il costante bombardamento dei media. È l’antidoto allo stacanovismo. Il Sabato restituisce il senso dei ritmi naturali: inspirare ed espirare, dare e prendere, lavorare e riposare. Ma anche molto di più: Il Sabato ripristina la nostra vera identità. È un invito rivoluzionario a essere, senza fretta e con soddisfazione, molto semplicemente. Essere figli e figlie di Dio (1 Giovanni 3:1). Il Sabato afferma che la nostra identità e il nostro valore sono stati stabiliti. Il Sabato afferma che Dio Padre si diletta in noi. “Osservare il sabato significa dare tempo e spazio nel nostro calendario alla grazia di Dio”, dice l’autore A. J. Swoboda. Non abbiamo bisogno di guadagnare il nostro valore o il nostro riposo, li riceviamo in dono dal nostro amorevole Padre.
Di Vanesa Pizzuto, una giornalista freelance e presentatrice radiofonica che vive a Londra, Regno Unito.
Fonte: https://signsofthetimes.org.au/2020/01/remember-to-rest/
Traduzione: Tiziana Calà