Uno sguardo alla Conferenza biblica del 1919.
Nell’estate del 1919, 100 anni fa proprio questo mese, un gruppo apparentemente piccolo di leader della Chiesa Avventista, formato da insegnanti di storia e della Bibbia, si è riunito in maniera più o meno ufficiale durante sei settimane, presso la sede della Chiesa nella periferia di Takoma Park, nel Maryland. La Conferenza biblica del 1919, come viene generalmente chiamata, nonostante il nome ufficiale sia ben più lungo, ha segnato un momento significativo nella storia della Chiesa Avventista. Considerando i suoi risultati, sia raggiunti che non, questo evento è stato dimenticato per decenni per poi tornare alla ribalta in un’occasione ancora più significativa.
Il mondo intero è stato scosso dalla tragedia della Grande Guerra, che è stata soprannominata “Prima Guerra Mondiale” solo una ventina di anni dopo, con lo scoppio di una seconda guerra di portata internazionale, e gli avventisti, insieme ad altri gruppi cristiani, stavano rivalutando le loro aspettative non realizzate, nella speranza che la guerra avrebbe preannunciato la seconda venuta del Signore. Il loro fervore profetico si stava dissipando mentre la guerra si placava in una pace cupa. Soprattutto negli Stati Uniti, i cristiani rivolgevano estrema attenzione alle minacce percepite, rappresentate dalle nuove scoperte scientifiche, da una società in continuo cambiamento e dalla minaccia di una sempre maggiore criticità nei confronti della Bibbia. Molte posizioni cristiane ricorrevano a una risposta di tipo scientifico che insisteva su alcune dottrine fondamentali che definivano sempre più strettamente l’ortodossia e i credenti polarizzati. Ironia della sorte, ma forse non poi così tanto, quello che è diventato noto come fondamentalismo è stata una risposta decisamente modernista di fronte alle sfide del modernismo.
Per quanto gli avventisti si considerassero unici, non erano immuni da queste pressioni esterne, che si aggiungevano al loro senso di perdita e alle crescenti domande sulla scia della morte di Ellen White nel 1915. Pochi dei pionieri avventisti della prima e della seconda generazione della Chiesa rimasero: per la prima volta, la perdita della profetessa scosse la Chiesa, soprattutto per coloro che la consideravano la loro rete di sicurezza
Cosa accadde nel 1919
La conferenza biblica del 1919 affrontava una serie di questioni bibliche e di problematiche legate all’interpretazione profetica e della Chiesa, ma tutte queste discussioni continuavano a tornare su due questioni chiave e interconnesse: “Tutte le questioni discusse… ruotavano in un modo o nell’altro intorno alle due questioni relative a come interpretare la Bibbia e gli scritti di Ellen White” (1).
Questa, naturalmente, era anche la questione chiave del fondamentalismo: la Bibbia è ineffabile e/o infallibile? E cosa facciamo quando altre prove, come quelle scoperte dalla scienza e dalla ricerca storica, sembrano in conflitto con la Bibbia? Ci si chiedeva inoltre se gli scritti di Ellen White fossero in completa armonia con la Bibbia e se anche lei dovesse venire considerata infallibile.
Gran parte della discussione avvenuta durante la Conferenza biblica è stata condotta da A.G. Daniells, l’allora presidente della Conferenza Generale, e da W.W. Prescott, studioso avventista, personaggi che avevano entrambi lavorato a lungo con Ellen White. Sollecitavano un uso più parsimonioso degli scritti di Ellen White, sottolineando allo stesso tempo la supremazia della Bibbia, e un’apertura a crescere nella nostra comprensione di come leggiamo la Bibbia e di come ci impegniamo nei confronti della società circostante. C’era molto dibattito e forte opposizione. Michael Campbell sostiene che questa era la prima volta che i “progressisti” avventisti e i “conservatori” erano così fortemente divisi (2).
“NON C’È MODO DI TORNARE AL 1919, MA DOBBIAMO ESSERE PRONTI A IMPARARE DALLA NOSTRA STORIA ED ESSERE APERTI A RICONSIDERARE ALCUNI DEI PASSI FALSI COMMESSI IN PASSATO”.
In virtù della loro personale conoscenza ed esperienza di Ellen White e dei temi correlati, la prospettiva di Daniells e Prescott ha prevalso durante la giornata della conferenza e durante gli incontri delle tre settimane successive. Ma, e questo è uno dei più grandi “ma” della storia avventista, mancava loro la fiducia per condurre la Chiesa su un terreno più solido. Con la preoccupazione per la sfida che queste più ampie comprensioni avrebbero posto alla tradizione avventista ormai consolidata, il rischio percepito che queste conclusioni avrebbero ulteriormente minato la fiducia di molti nei confronti della Chiesa, le pressioni verso il fondamentalismo nella cultura religiosa e la crescente pressione politica cui Daniells era sottoposto in quanto presidente della Conferenza Generale dalle voci conservatrici all’interno della Chiesa, la conferenza del 1919 scelse di non pubblicare le sue conclusioni. Le trascrizioni delle discussioni della Conferenza biblica vennero depositate negli archivi della Chiesa per essere riscoperte solo negli anni ‘70.
Il defunto storico Ben McArthur ha descritto questa decisione come una delle più grandi mancanze della carriera di Daniells: “Nel 1919, l’avventismo si trovava a un bivio. Daniells arrivò a un passo dall’essere un leader trasformatore. Ma invece di insistere sulla stretta via della difficile auto-analisi, permise alla Chiesa di voltarsi sul viale della compiacenza dottrinale” (3).
Avventismo fondamentalista?
Tra le varie date di riferimento della storia della teologia avventista (1844, 1863, 1888, 1888, 1957, 1980 e forse 2015), quella del 1919 è tra le più importanti. Alcune voci conservatrici dell’avventismo continuano a insistere sul fatto che l’avventismo ha perso parte della sua caratteristica voce teologica con la pubblicazione di “Questions on Doctrine” nel 1957. Ma una lettura migliore è che l’avventismo ha perso la sua caratteristica voce progressista nel 1919 (o forse ha davvero taciuto nel 1915 e la Chiesa si è limitata a istituzionalizzarla nel 1919) e, spinti da forze religiose e sociali esterne, abbiamo cominciato a riacquisire la nostra voce nel 1957, con ancora molto lavoro da fare.
Tutto questo ci viene presentato in maniera abbastanza pratica da Zdravko Plantak in “The Silent Church”. Ad esempio, egli definisce il forte declino del numero di donne che ricoprono posizioni di leadership nella Chiesa Avventista in Nord America dal 1915, anno in cui c’era il maggior numero di donne che ricoprivano tali ruoli, al 1960, anno in cui nessuna donna ricopriva questi incarichi (4). Non si tratta della somma di questo cambiamento teologico, quanto di un sintomo misurabile di una Chiesa che si è formata più dalla cultura e dalla società circostante che dal suo patrimonio e messaggio pionieristico.
La Bibbia, così come gli scritti di Ellen White, iniziarono a essere letti a stento, interrogandosi continuamente su come queste due fonti dovrebbero relazionarsi tra loro per una lettura e un’interpretazione più efficace. Il fatto che le testimonianze dei partecipanti alla conferenza del 1919 siano state “nascoste” per oltre 50 anni non ha fatto altro che aumentare la soddisfazione nel riscoprirle.
Indietro al 1919
Non c’è modo di tornare al 1919, ma dobbiamo essere pronti a imparare dalla nostra storia ed essere aperti a riconsiderare alcuni dei passi falsi commessi in passato. Durante una conferenza di storici avventisti l’anno scorso, Nicholas Miller, professore di storia della Chiesa della Andrews University, ha sostenuto che “gli avventisti del settimo giorno non sono fondamentalisti” (5). Ma il suo principale appello era quello di rivolgerci ai pionieri avventisti, piuttosto che alla nostra storia più recente. Nonostante l’Avventismo non abbia mai abbracciato pienamente il fondamentalismo, troppo spesso abbiamo pensato e agito come se l’avessimo fatto.
Anche se la valutazione di G.B. Thompson, partecipante alla Conferenza biblica del 1919, sembra troppo semplicistica, c’è del vero, a giudicare dai 100 anni di affermazioni, tradizioni e formalità. In relazione al ruolo degli scritti di Ellen White per quanto riguarda la fede e la vita all’interno della Chiesa, egli ha esortato: “Se avessimo sempre insegnato la verità in materia, ora non avremmo alcun problema o shock” (6).
Non possiamo tornare indietro nel tempo, ma abbiamo l’opportunità, e l’obbligo, ad andare avanti. Dopo tutto, questo è ciò che significa essere avventisti.
- – Michael W. Campbell, 1919: The Untold Story of Adventism’s Struggle With Fundamentalism, Pacific Press, 2019, p. 54. Questo libro offre una panoramica di facile lettura della conferenza, dei suoi contesti e delle sue conseguenze, libro che sarà presto disponibile nelle librerie avventiste.
- – Ibidem, p. 51. Si tratta di una breve panoramica di una discussione complessa, di cui sono disponibili solo alcune trascrizioni. Leggete i libri qui citati, così come Ellen White’s Afterlife di George Knight’s, per ulteriori e migliori riflessioni sul tema.
- – Ben McArthur, A.G. Daniells: Shaper of Twentieth-Century Adventism, Pacific Press, 2016.
- – Vedi Zdravko Plantak, The Silent Church: Human Rights and Adventist Social Ethics, MacMillan Press, 1998, pp. 94-96. Per un approfondimento più recente di questo cambiamento fondamentale e di alcune delle relative questioni avventiste, fare riferimento a Kevin M. Burton, “God’s Last Choice: Overcoming Ellen White’s Gender and Women in Ministry During the Fundamentalist Era,” Spectrum, 2017, Vol. 45 (2-3), pp. 148-176, https://spectrummagazine.org/article/2017/06/14/god%25E2%2580%2599s-last-choice-overcoming-ellen-white%25E2%2580%2599s-gender-and-women-ministry-during-funda. In Protest and Progress (Andrews University Press, 2018), Calvin Rock descrive una simile regressione nelle risposte della Chiesa Avventista relative alle questioni razziali, sempre nello stesso lasso temporale.
- – Marcos Paseggi, “Why Seventh-day Adventists Are Not Fundamentalists”, Adventist Review, 8 gennaio 2018, https://www.adventistreview.org/church-news/story5777-why-seventh-day-adventists-are-not-fundamentalists.
- – Citato da Campbell, p. 92.
Di Nathan Brown
Fonte: https://record.adventistchurch.com/2019/08/16/remembering-1919/
Traduzione: Tiziana Calà