“Ecco, io vengo presto” (Apocalisse 22:12). Questa è una promessa il cui adempimento è stato atteso da generazioni di credenti che hanno riposto tutte le loro speranze nel ritorno glorioso di Gesù. Ma cosa significa “presto”? E cosa dobbiamo fare per evitare di essere così preoccupati dai segni, tanto da trascurare altri aspetti essenziali della nostra preparazione?
È stato detto, e a ragione, che l’attesa del ritorno di Gesù non dura mai più di una vita umana, poiché dal punto di vista dei defunti, tra l’ultimo battito del cuore e la risurrezione passa solo un attimo. Per i cristiani questa spiegazione ha senso, ma è difficile immaginare che l’entusiasmo e lo zelo missionario dei cristiani di tutti i tempi sarebbero rimasti immutati se avessero saputo che il ritorno di Gesù non sarebbe avvenuto nella loro generazione e nemmeno in quella dei loro nipoti o pronipoti.
Come nota lo scrittore cristiano Marvin Moore, i pionieri della Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno, una chiesa costruita sul messaggio del ritorno di Gesù, sarebbero rimasti scioccati nell’apprendere che il mondo sarebbe continuato per un altro secolo e mezzo, anche se predicavano e credevano con tutto il cuore che “il tempo è breve” (1).
In effetti, anche i discepoli di Gesù hanno atteso il ritorno di Colui che amavano nel corso della loro vita, e questa speranza li ha sostenuti mentre diffondevano il Vangelo e affrontavano persecuzioni e tempi ostili. “La fine di tutte le cose è vicina” (1 Pietro 4:7), scriveva Pietro, mentre Giacomo, per sottolineare l’imminenza del ritorno di Gesù, dichiarava che “il giudice è alla porta” (Giacomo 5:9).
Forse il sentimento generato da questa attesa inimmaginabilmente lunga è stato meglio catturato dal titolo di un editoriale del pastore Loren Seibold: “It’s too late for Jesus to come soon” (letteralmente, È troppo tardi perché Gesù arrivi presto).
Come possiamo dare un senso ai segni che indicano il ritorno di Gesù?
“La sfida nel comprendere i segni è che la storia ha fornito molti momenti in cui questi segni sembravano realizzarsi sotto gli occhi di coloro che li aspettavano, e questo è ancora più evidente oggi”, scrive il professor Clarence Haynes.
I credenti di ogni generazione sono stati convinti di vivere negli ultimi giorni del mondo; quindi, non sorprende che vari eventi (di maggiore o minore portata) siano stati interpretati come segni certi del ritorno di Gesù. “I segni che avevano acceso i pionieri sembrano reliquie in un museo di antichità”, osservava uno scrittore cristiano in un articolo del 1990 che elencava i nuovi segni di come la storia sta andando avanti.
“Come avventisti del settimo giorno, potreste soffrire di una certa stanchezza da segni dei tempi”, scrive il pastore Shawn Brace, che ha ascoltato sermoni e predicato innumerevoli volte sul tema dell’imminente ritorno di Gesù. In effetti, è diventato un luogo comune che ogni grande crisi o evento venga interpretato come un segno della fine (le due guerre mondiali, la Grande depressione, lo sbarco sulla luna, gli attentati dell’11 settembre, ecc.). Brace sottolinea la tensione tra la consapevolezza di un periodo di sconvolgimenti senza precedenti e le aspettative disattese di chi era convinto di vivere tra i segni della fine.
Il pastore John Nixon, da parte sua, rileva la contraddizione tra due principi escatologici e sostiene che la missione dei credenti non è quella di spiegare il ritardo nell’adempimento della profezia biblica, ma di vivere per fede nell’attesa di esso. Il primo principio escatologico è la certezza che il ritorno di Gesù avrà luogo (e sarà preceduto dai segni premonitori annunciati da Gesù stesso nel capitolo 24 del Vangelo di Matteo): “Imparate dal fico questa similitudine: quando già i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l’estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, proprio alle porte” (Matteo 24:32-33).
Così come sappiamo che l’estate sta bussando alla porta dai cambiamenti del fico, capiamo che il ritorno di Gesù è vicino quando vediamo dispiegarsi i segni che Gesù ha profetizzato.
Il secondo principio escatologico è quello dell’incertezza: “Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo” (Matteo 24:36). “I cristiani sono chiamati a vivere in questa tensione tra la certezza dell’evento atteso, il cui compimento è garantito da Colui che non può mentire, e l’incertezza del momento in cui avverrà”, conclude Nixon: “e come la certezza si oppone ai nostri dubbi, così l’incertezza resiste alle nostre indagini”.
In un articolo scritto quasi quattro decenni fa, il pastore Neal C. Wilson espresse la sua preoccupazione per i due estremi in cui stavano scivolando alcuni predicatori del suo tempo. Da un lato, alcuni stavano diventando molto silenziosi sul tema del ritorno di Gesù. Dall’altro, altri diventavano ossessionati dai segni della fine, informando i loro ascoltatori non solo dei cambiamenti che consideravano rilevanti, ma anche delle speculazioni su di essi. “Questo esercizio incessante di allarmare (se non di inorridire) gli altri rende un cattivo servizio al Vangelo”, spiega Nixon, perché l’essenza del messaggio biblico del suo ritorno non è il compimento dei segni, ma l’incontro con Gesù, l’essere sempre con lui.
Poiché possiamo essere certi del ritorno di Gesù, ma non possiamo determinarne il momento esatto, vivere nell’attesa è l’unico modo per risolvere le contraddizioni insite in questo evento cosmico. Gesù stesso cercò di indirizzare l’attenzione dei discepoli, facendola passare dai segni del suo ritorno alla preparazione dell’incontro con lui: “Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà” (Matteo 24:44).
Prendersi cura degli altri fa parte della preparazione al ritorno di Gesù
“Non dovremmo mai parlare dei segni del ritorno di Gesù descritti in Matteo 24 senza concentrarci anche sul messaggio di Matteo 25 su come prepararsi a questo evento”, dichiara il pastore Willie Hucks. Analizzando le parabole che Gesù presenta nel contesto della preparazione alla venuta dello Sposo (la parabola delle dieci vergini, che indica il ruolo dello Spirito Santo nella preparazione dei cristiani; la parabola dei talenti, che sottolinea l’importanza di usare i doni che abbiamo ricevuto; e la parabola delle pecore e delle capre, che sottolinea la responsabilità verso i nostri simili), Hucks conclude: “in altre parole, Gesù sta tornando per coloro che camminano con lui e con gli altri, compreso uno di questi miei minimi fratelli (cfr. Matteo 25:40)”.
Un sondaggio condotto nel 2022 dal Pew Research Center ha mostrato come un gran numero di americani crede che Gesù tornerà. Quasi 4 intervistati su 10 hanno dichiarato che stiamo vivendo nei tempi della fine: il 55% è convinto che Gesù tornerà un giorno lontano, mentre il 10% crede che l’evento si verificherà nel corso della propria vita. Sorprendentemente, anche il 29% di coloro che appartengono a religioni non cristiane e il 23% di coloro che non hanno un’affiliazione religiosa credono che i tempi in cui vivono siano i tempi della fine.
Non sappiamo quale ruolo abbiano avuto gli eventi recenti nel plasmare le opinioni sull’imminente fine del mondo, ma al di là dell’osservazione dei segni visibili del deterioramento dell’equilibrio politico, economico o ecologico del pianeta, “essere persone che aspettano il suo ritorno” significa perseguire la missione di guarigione delineata da Gesù come stile di vita. Come sottolinea il pastore Shawn Brace, è affascinante che Gesù concluda la sua presentazione dei segni della fine dichiarando che coloro che erediteranno la vita eterna sono quelli che hanno trattato con amore i loro fratelli e sorelle più ignorati: lo straniero, il prigioniero, l’affamato. “In effetti”, scrive Brace, “questo è stato l’ultimo insegnamento dato da Gesù prima di andare alla croce”.
C’è un modo per evitare di essere spiacevolmente sorpresi dal suo ritorno, avendo perso l’opportunità di tornare a casa, dove un posto e un banchetto sono già stati preparati per noi? “Se vogliamo sapere cosa sta facendo Dio, se vogliamo essere sulla stessa lunghezza d’onda dei suoi piani, l’unica soluzione è camminare con lui ogni giorno”, sottolinea il pastore Nixon, notando che se le sue vie possono essere misteriose, il suo carattere non è più un mistero per chi lo conosce.
Alla fine, il ritorno di Gesù è meno simile a una difficile equazione da risolvere e più simile a una riunione emotiva con una persona cara da cui siamo stati separati per molto tempo. Ecco perché la più grande perdita (o la più grande punizione, secondo le parole dell’apostolo Paolo) subita da coloro che saranno colti impreparati da questo evento sarà quella di essere “respinti dalla presenza del Signore” (2 Tessalonicesi 1:9). Poiché nessuna perdita può essere paragonata alla separazione da Colui che ci ha amati come nessuno potrà mai fare, lasciamo che la missione che abbiamo ricevuto da lui plasmi le nostre aspettative e metta a fuoco le lenti attraverso le quali guardiamo i segni dei tempi.
(1) Marvin Moore, “How soon is soon?”, Pacific Press Publishing Association, 2022, pp. 110-111.
(2) Marvin Moore, op. cit., p. 34.
Di Carmen Lăiu, redattrice di Signs of the Times Romania e ST Network.
Fonte: https://st.network/analysis/top/ready-for-the-return-of-jesus.html
Traduzione: Tiziana Calà