Il fratello di Elspeth Muir, Alexander, è morto per annegamento. Era il 2009 e aveva appena compiuto 21 anni. È morto per annegamento, ma la sua morte “non è stata preannunciata dal suo amore per l’acqua, tranne che per il fatto che spiega come mai si trovasse vicino a un fiume, da solo, con un tasso alcolico nel sangue di quasi 0,25. Mio fratello è morto perché era ubriaco, e perché l’alcol lo ha reso stupido”.
Elspeth scrive della morte di Alexander e della cultura del bere in Australia e nella sua famiglia nel suo recente libro “Wasted”. Il sottotitolo “A Story of Alcohol, Grief and Death in Brisbane” racconta parte della storia. È morto dopo essersi buttato dal ponte Storey di Brisbane. Il suo corpo fu ritrovato tre giorni dopo.
Il medico legale la definì una “morte accidentale”.
Muir descrive Alexander come un “ragazzo bianco della classe media a metà di un percorso di studi universitari quando è morto”. Ma aveva iniziato a bere, uscendo di nascosto di notte, all’età di 13 anni.
Con l’avanzare dell’età aveva iniziato a bere pesantemente. Uno dei suoi compagni le ha detto: “Credo che io e lui fossimo probabilmente i due peggiori. Da quando ho memoria abbiamo sempre seguito lo stesso schema: bere fino a non poterne più e poi non sapere cosa stesse succedendo, così da addormentarsi da qualche parte”.
Anche la stessa Muir era un’accanita bevitrice. “Non so perché fosse così importante che ci fosse l’alcol, sempre… così, era tutto più bello, tutto più facile. Bevevi un bicchiere e scivolavi nella nonchalance e da lì nelle conversazioni, nelle nuove situazioni, nelle avventure e nell’oblio”.
Prima della morte di Alexander, “non pensavo all’alcol, come non pensavo al mangiare o al respirare. Era semplicemente una parte essenziale della mia vita”.
Ma poi: “Ci sono state molte volte nella mia vita, compresa la notte in cui ho perso la verginità, in cui avrei voluto bere di meno, perché le mie azioni sarebbero state diverse, più sicure”. Era un’adolescente quando perse la verginità con un uomo di sette anni più grande. La mattina dopo lui le disse che gli aveva dato il permesso. Lei non sapeva se si trattasse della verità o meno.
La sua è una storia triste che riguarda l’impatto dell’alcol sulla sua famiglia, ma è qualcosa di più grande, come dichiara lei stessa: “C’è qualcosa di inquietante e di non chiaro sul ruolo dell’alcol nella società australiana”.
Da qualsiasi punto di vista, l’alcol è la nostra più grande e grave dipendenza. Un rapporto del 2015 della Foundation for Alcohol Research and Education (FARE) rivela che ogni anno in Australia si perdono oltre 5.500 vite (una media di 15 al giorno) e oltre 157.000 persone vengono ricoverate in ospedale a causa dell’alcol (una media di 430 al giorno)!
E, purtroppo, il bere è diventato parte della nostra cultura australiana e neozelandese. L’anno scorso in Australia si è bevuto l’equivalente di 2,1 bicchieri al giorno per persona di età superiore ai 15 anni. In Nuova Zelanda l’equivalente di 2,0 bicchieri al giorno per persona di età superiore ai 18 anni.
L’impatto negativo sulle famiglie viene spesso sottovalutato.
Alcol e gravidanza
Le donne in gravidanza non dovrebbero assolutamente bere alcolici a causa del pericolo di disturbi dello Spettro dei Disordini Feto Alcolici (FASD). Tuttavia, mentre il 78% delle madri australiane è consapevole del fatto che l’alcol potrebbe avere un impatto negativo sulla salute del feto, il 59% ha bevuto in qualche momento e in varia misura durante la gravidanza. Nei casi più gravi, i bambini nati con FASD sono più piccoli e hanno un aspetto anormale. Più spesso il bambino non viene notato fino all’inizio della scuola, quando le difficoltà di apprendimento e di comportamento diventano più evidenti.
La FASD è considerata a livello internazionale la principale causa prevenibile di problemi intellettivi e di sviluppo nei bambini. È dimostrato che è sotto-diagnosticata e che i genitori e i medici non si rendono conto che la FASD è la causa dei problemi di sviluppo del bambino. Si stima che 1 bambino su 100 nasca con la FASD.
L’impatto dell’alcol sui bambini
L’alcol può influire negativamente sullo sviluppo del cervello e portare a problemi legati all’alcol in età avanzata. I bambini di età inferiore ai 15 anni sono i più esposti al rischio di danni derivanti dal consumo di alcol.
Ma l’impatto negativo dell’alcol è più ampio: secondo le stime di FARE, più di un milione di bambini australiani all’anno subiscono l’effetto negativo del “bere di qualcun altro”.
Sono oltre 143.000 a subirne gli effetti più gravi. Ciò include aspetti quali: l’assenza di sorveglianza, l’abuso verbale e/o fisico e l’esposizione alla violenza domestica. Quasi la metà di coloro che abusano di questi bambini sono genitori (46%), di solito il padre, a volte la madre. Altre figure possono essere quella dei patrigni, del partner o dell’ex partner dell’affidatario o del tutore del bambino. A volte i bambini devono essere portati fuori di casa per la loro sicurezza.
Le testimonianze di parenti e amici danno un’idea della portata di questa tragedia:
“Una sera [il partner della madre] ha abusato fisicamente della [loro] madre e tutti e tre [i figli] ne sono stati testimoni… Erano stati a una festa e lei gli ha detto di smettere di bere o qualcosa del genere… e quando è entrato in casa ha cercato di strangolarla”.
Una madre ha detto: “Su mio figlio non ha avuto alcun effetto, ma su mia figlia sì. Lei ora vive con lui e credo che faccia a meno di certe cose perché lui non ha la disponibilità finanziaria a causa del suo problema con l’alcol… Lei mi chiede spesso dei soldi”.
Per fortuna, ogni tanto c’è un lieto fine. “Mio marito ha bevuto fino a quando mia figlia aveva tre anni”. Questa moglie racconta di un profondo conflitto tra lei e il marito. Stava per lasciarlo a causa delle sue bevute, “ma”, aggiunge, “siamo arrivati a una soluzione e lui ha smesso. Lo rispetto molto per questo”.
L’alcol è un problema reale
Purtroppo, l’alcol è spesso considerato un elemento essenziale sia per festeggiare sia per tirarsi su di morale. Ma, come si è visto, il costo può essere terribile per i singoli individui e per le famiglie.
Eppure, a meno che non ci sia una crisi o una tragedia che colpisca il paese, spesso il problema non viene riconosciuto. Muir infatti dichiara: “non mi è mai venuto in mente di avere un problema con l’alcol o che Alexander avesse un problema con l’alcol o che chiunque conoscessi avesse un problema con l’alcol, nonostante i molti episodi che indicavano chiaramente come stavano davvero le cose. Il modo in cui bevevamo era il modo in cui bevevano tutti quelli che conoscevamo”.
C’è poi il costo finanziario, anch’esso sbalorditivo. Nel 2010 l’istituto australiano di criminologia ha stimato in 15 miliardi di dollari il costo dell’alcol per le casse pubbliche. Le entrate derivanti dalla vendita di alcolici erano meno della metà, pari a 7,1 miliardi di dollari, lasciando un buco di 8 miliardi di dollari.
Ciò di cui abbiamo bisogno è uno sguardo lungo e lucido sull’impatto dell’alcol nella nostra società. Bere non è raccomandabile. Anzi, è un pericolo per la vita, per le famiglie e per la salute. Bisogna smussare il suo fascino. La pubblicità deve essere limitata, così come la sponsorizzazione. Alle star dello sport deve essere vietato di parlare di bevande alcoliche e le squadre sportive devono fare da apripista nel promuovere modi sani di festeggiare senza alcol.
Abbiamo bisogno di più eroi come Harry. Harry è morto nel 2012 all’età di 78 anni. È sepolto nel cimitero di Wesburn, sulla Warburton Highway, a est di Melbourne. Non ho mai incontrato né conosciuto Harry, ma ho visto la sua lapide. Proclama con orgoglio: “Sobrio da 30 anni”.
Questo sì che è qualcosa da festeggiare.
Come i genitori incoraggiano il consumo di alcol
I genitori sono i maggiori fornitori di alcolici ai minori di 18 anni in Australia: quasi un ragazzo su sei, di età compresa tra i 12 e i 13 anni, riceve alcolici dai genitori.
Il problema è che gli adolescenti di genitori che forniscono loro alcolici all’inizio dell’adolescenza hanno una probabilità tre volte maggiore di consumare un’intera porzione di alcol a 16 anni, rispetto a quelli di famiglie che non forniscono alcolici.
È quanto emerge da una ricerca sul consumo di alcol che ha seguito la vita di quasi 2.000 coppie genitore-figlio per un periodo di quattro anni. I risultati della ricerca, condotta dal National Drug and Alcohol Research Centre dell’Università del Nuovo Galles del Sud, sono stati pubblicati nel 2014.
Molti genitori somministrano alcolici ai propri figli con le migliori intenzioni, afferma il ricercatore capo Richard Mattick. Ha scoperto l’interesse per il cosiddetto “modello europeo”, in cui i genitori permettono ai bambini di sorseggiare vino in giovane età.
I genitori lo fanno per introdurre l’alcol in un ambiente sicuro e sorvegliato, con l’obiettivo di moderare il consumo di alcol da parte del bambino. Tuttavia, i risultati dimostrano che fornire alcolici ai bambini non modera il consumo di alcol. Anzi, potrebbe semplicemente autorizzarlo, con la possibilità che i bambini a cui i genitori hanno dato l’alcol lo cerchino anche da altre fonti.
“Sappiamo che il consumo di alcol da parte degli adolescenti è associato a un’ampia gamma di danni successivi nella prima età adulta, tra cui lesioni, malattie sessualmente trasmissibili, dipendenza da alcol in età adulta e alterazioni della funzione cerebrale”, afferma Mattick.
Un obiettivo troppo lontano
Una voce che si trova più o meno a metà dell’elenco degli obiettivi di prevenzione sanitaria del 2009, con data di scadenza 2020, è quella di: “Ridurre la percentuale di australiani che bevono a livelli rischiosi o ad alto rischio a breve termine al 14% e la percentuale di australiani che bevono a livelli rischiosi o ad alto rischio a lungo termine al 7% (NPHT)”.
L’obiettivo è il 19,1% (2013) degli australiani che bevono a livelli di rischio a lungo termine. Purtroppo, un recente studio ha evidenziato un aumento del consumo di alcolici a medio e alto rischio tra gli adulti tra il 2001 e il 2012, in linea con i livelli molto elevati di accessi al pronto soccorso degli ospedali legati all’alcol. Preoccupano gli alti livelli di consumo a rischio tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 18 anni e l’aumento dei livelli di consumo a rischio tra le giovani donne.
La probabilità di raggiungere l’obiettivo del 2020 è considerata “improbabile”.
Di Bruce Manners
Fonte: https://st.network/analysis/top/the-trouble-with-alcohol.html
Traduzione: Tiziana Calà