Antonio è un nonno di 69 anni. Per 40 anni ha lavorato come medico internista. Solo pochi giorni fa, i suoi piani in vista di un tranquillo pensionamento sono improvvisamente cambiati. Di sua spontanea volontà, Antonio ha deciso di tornare a lavorare per aiutare i pazienti affetti da COVID-19.
“Ho smesso di fare il nonno per aiutare l’Italia in questi momenti difficili! Dopo 40 anni di lavoro, sono sicuro che questo è il lavoro più bello del mondo e sono grato al Cielo per il grande privilegio che ho di poter aiutare il prossimo”, ha dichiarato Antonio.
La storia di Sara, insieme a come ha reagito alla crisi, mi ha commosso fino alle lacrime. Sara è una neolaureata in medicina. Ha celebrato la cerimonia di laurea in circostanze molto insolite: il decimo giorno di quarantena in Italia, tramite una videoconferenza su Skype. Ha dovuto festeggiare il suo successo da sola, lontana da casa, lontana da genitori, amici e parenti, senza regali, fiori o caramelle.
“Voglio raccontarvi una storia”, dice Sara. “Vivo in questo appartamento da tre anni, con gli stessi vicini, nello stesso edificio. Durante questa quarantena, ho incontrato i miei vicini sul balcone. Beviamo il tè insieme ogni mattina e ci rallegriamo del fatto di poter entrare in empatia gli uni con gli altri. Sono gli unici che ho visto senza la distanza importa dagli schermi. Questo pomeriggio mi hanno passato un regalo, poggiato su un manico di scopa. All’interno della confezione, preparata con cura, c’era una tunica da laurea che avevano fatto per me. Non avrei mai pensato di averne una tutta mia. Il loro gesto ha reso questo giorno uno dei più importanti e belli della mia vita. So che questo periodo passerà, ma ciò che desidero di più è che questa dolce brezza di empatia umana, in un momento così delicato per tutta l’umanità, rimanga con tutti noi”.
Leggendo la breve testimonianza di Sara, ho pensato a tutti i bei momenti che ho trascorso in Italia, vicino a quelle persone meravigliose, che sono tra le più colpite dalla crisi del COVID-19. Grazie ai 18 anni che ho trascorso in Italia, il legame che condivido con il popolo italiano è molto forte. Dopo che i primi casi di COVID-19 hanno iniziato a prendere il sopravvento, ho iniziato a mettermi in contatto con i miei colleghi, professori, conoscenti, le persone che hanno influenzato la mia vita in modi diversi. Spero che le nostre conversazioni abbiano nutrito la loro anima come hanno nutrito la mia.
Da tempo immemorabile, le crisi finiscono per unire le persone. Gesti che spesso diamo per scontati diventano di nuovo importanti. E così, ora più che mai, è il momento di offrire amore e sostegno alle persone vulnerabili.
Mostriamo a chi ci circonda la nostra disponibilità ad aiutare. Diamo loro una ragione sufficiente per credere che Dio è presente nelle nostre vite.
Credo veramente che questo sia il momento migliore per guardarci dentro, per perdonare noi stessi, senza serbare rancore per cose che sono accadute in passato.
Penso anche che tutti noi vorremmo guardarci indietro e dire che abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere, nel tentativo di rendere il mondo un posto migliore. Se fino a ora ci siamo sentiti solo spettatori, adesso abbiamo la possibilità di fare la nostra parte. Non sprechiamola!
E, infine, vorrei che fossimo riconoscenti. Anche in momenti come questi, cerchiamo di essere quelle persone che non solo vedono il bicchiere mezzo pieno, ma che sono grate per il fatto di avere un bicchiere d’acqua da bere. Penso che la gratitudine sia una delle forze più potenti che il Creatore abbia mai seminato in noi. È la forza che ci aiuta ad avere, e a condividere, un morale alto e tanta pace.
Quasi 80 anni fa una ragazza e la sua famiglia hanno dovuto vivere come clandestini per due anni e mezzo. Questa ragazza non è mai uscita, nemmeno una volta. Le stagioni passavano, senza che potesse vederne i cambiamenti. L’unica porta d’accesso al mondo esterno era una minuscola finestra sul tetto attraverso la quale la ragazza guardava in alto, osservando il cielo e immaginando la vita dopo il calvario. Quella ragazza era Anna Frank e la pandemia era il nazismo. Oggi ho pensato a lei mentre guardavo fuori dalla finestra, desiderando di poter uscire.
Di Bianca Ionescu, studentessa di giornalismo.
Fonte: https://st.network/health/covid-19/covid-19-what-i-have-learned-from-my-italian-friends.html
Traduzione: Tiziana Calà