La maggior parte delle persone sarà presente sulla terra più come cenere e polvere che in carne e ossa.
La morte, anche nelle migliori circostanze (qualunque esse siano), è una seccatura ma di sicuro non è così negativa come viene presentata dalla teologia popolare che parla di un’ascesa immediata in una qualche posizione importante dei Campi Elisi da dove i nostri cari defunti osservano le cose sulla terra; o dei tormenti delle fiamme dell’inferno come punizione eterna per gli 80, 60 o forse 20 anni di peccato commessi sulla terra. Anche gli atei hanno snaturato la morte, già abbastanza brutta, con i loro miti (citando Czeslaw Milosz) secondo cui “non saremo giudicati per i nostri tradimenti, la nostra ingordigia, la nostra codardia e i nostri omicidi”.
Al contrario, le Scritture descrivono la morte come un riposo incosciente (Ecclesiaste 9:5; 1 Re 2:10) per tutti (tranne rare eccezioni) fino al momento della prima resurrezione e della vita eterna (Giovanni 5:28-29; Apocalisse 20:6) o della seconda resurrezione (Apocalisse 20:14-15) e della distruzione eterna. (Ed è la distruzione e non l’atto distruttivo a essere eterno, per fortuna. [Fare riferimento a 2 Tessalonicesi 1:9; Malachia 4:1; Matteo 10:28; Salmi 37:20]).
Da quando sono venuto a conoscenza delle verità bibliche sullo stato dei morti e dell’inferno ho davvero apprezzato la giustizia e la sensibilità di queste descrizioni che rivelavano la grandezza del carattere di Dio, che non tortura nessuno, nemmeno il peggiore, per tutto il resto dell’eternità. (Cercate l’espressione “per sempre” nell’Antico Testamento e vi accorgerete che nella maggior parte dei casi non è usata per indicare l’eternità. [Considerare ad esempio Esodo 21:6; Levitico 23:21; 1 Samuele 28:2; 1 Cronache 28:4; Isaia 32:14; 34:10 e Giona 2:7 – “La terra ha chiuso le sue sbarre su di me per sempre”. Ma non erano passati solo tre giorni?]).
Per decenni ho parlato della morte e dell’inferno con il rabbino che nel 1979 mi ha battezzato nel fiume Giordano ma che non riusciva a capire la mia posizione sulla morte. Secondo lui, le Scritture sono ambigue riguardo il destino immediato dei morti anche perché, alla fine, non è nemmeno un argomento così importante.
Non è così importante? La morte, o lo spettro di essa, contagia ogni singolo momento della vita. Chi non vive senza pensare che il prossimo respiro o quello dei propri cari potrebbe anche essere l’ultimo? Fin dal momento della nascita, anzi, anche prima, possiamo trasformarci in cadaveri. Moriamo tutti, proprio come le ostriche e le melanzane; ma al contrario di questi esseri viventi, continuando a citare Milosz, “le persone e gli organismi viventi”, ne sono consapevoli e fanno di tutto per continuare ad apparire al meglio prima di scomparire sotto terra e prima che l’eternità prenda il sopravvento su di noi.
Non è così importante? Ma che cos’è “un vapore”, ovvero la nostra vita, (Giacomo 4:14), questa eruzione di metabolismo protoplasmatico, se paragonato a quello che viene dopo? Il francese Blaise Pascal scriveva: “Non bisogna dubitare del fatto che la vita dura solo un momento… e che lo stato dei morti è eterno, qualunque sia la sua natura”. Nel 1789 George Washington morì all’età di 67 anni mentre Giulio Cesare morì a 66 anni nel 44 a.C.: niente, se consideriamo la durata della loro morte.
Qual è il punto? Che sulla terra, per la maggior parte del tempo “esistiamo” da morti.
Il Signore, che attraverso la Bibbia ci ha rivelato nuove realtà (anche grazie a radioscopi e microscopi elettronici) che altrimenti ci sarebbero rimaste sconosciute, ci lascerebbe quindi nell’ambiguità riguardo l’imprevisto più lungo, severo e inevitabile della nostra esistenza? Prima che tu finisca di leggere questo articolo, quante case, quante famiglie saranno irreparabilmente fatte a pezzi dalla morte di un genitore, un figlio, un fratello, un coniuge? Eppure dovremmo forse pensare che quello che succede al momento della morte non sia abbastanza importante per il nostro Dio da far sapere alle persone in lutto il destino di coloro che sono morti?
Quante volte le Scritture si sono riferite alla morte come a un sonno? “Acaz si addormentò con i suoi padri” (2 Cronache 28:27). Ne ho contate 39 solamente tra Deuteronomio 31:16 e 2 Cronache 33:20. E cosa dire del versetto che dice “Infatti i viventi sanno che moriranno; ma i morti non sanno nulla” (Ecclesiaste 9:5) che è così difficile da capire? “Il suo fiato se ne va, ed egli ritorna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi progetti” (Salmi 146:4). Paolo dice che: “se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che sono morti in Cristo sono dunque periti” (1 Corinzi 15:17-18). Dopo quanto letto, sembrerebbe strano pensare a coloro che “sono morti in Cristo” e immaginarli a godersi già i cieli.
Certo, conosciamo il testo dove Gesù ha detto al ladrone sulla croce: “Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso” (Luca 23:43) salvo poi scoprire che Gesù non è salito in paradiso quel giorno (Giovanni 20:17). Tuttavia, la virgola posizionata prima della parola “oggi” non è presente nell’originale ma è stata posizionata in un secondo momento; se messa dopo “oggi”, il versetto diventerebbe: “Io ti dico in verità oggi, tu sarai con me in paradiso” facendo combaciare perfettamente il testo con quanto detto nel resto delle Scritture, compreso il testo di Giovanni. E che bello sapere che, grazie alla nostra fede, anche oggi Gesù dice a ciascuno di noi: Io ti dico in verità oggi, tu sarai con me in paradiso.
E cosa dire della frase di Paolo quando afferma che “preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore” (2 Corinzi 5:8)? Chi di noi, lottando con le difficoltà della vita e con il nostro corpo traditore non ha mai pensato a quanto sarebbe bello chiudere gli occhi nel sonno e abbandonare questo corpo di grasso e decadimento, sapendo che nel momento successivo saremo in presenza del Signore quanto ritornerà? Paolo scrive a Timoteo dicendo che stava aspettando la corona di giustizia, ma non al momento della morte, corona che il Signore “mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” (2 Timoteo 4:8); questo testo non avrebbe molto senso se Paolo si aspettava di andare direttamente in cielo. Invece il nostro corpo muore e dopo quel momento, la cosa successiva di cui ci accorgeremo è quando “in quel giorno” saremo con Paolo, per essere portati da Gesù in cielo. Questo è quello che Gesù ci ha promesso, Lui che è venuto per darci la vita e darcela “in abbondanza” (Giovanni 10:10).
E poi ovviamente c’è la parabola di Lazzaro e dell’uomo ricco (Luca 16:19-31) con Lazzaro che si consola nel seno di Abramo mentre l’uomo ricco è nei tormenti ma comunque abbastanza vicino ad Abramo da permettere di parlargli. Un racconto letterale della morte? (Per coloro che si stanno approcciando da poco alla Bibbia, com’è possibile che il povero stesse nel seno di Abramo? Era l’unico a essere stato salvato?). Dobbiamo prendere questa storia ad esempio, non come un commento dello stato dei morti ma come un’ovvia parabola che parla di come solamente in questa vita abbiamo il tempo per stare con il Signore, senza contraddire i testi che parlano della morte come di un sonno incosciente che verrà interrotto solamente al momento della risurrezione.
La maggior parte delle persone sarà presente sulla terra più come cenere e polvere che in carne e ossa. Che bello però sapere quello che questa cenere e polvere comportano per i morti (anche per i morti da tantissimo tempo): un sonno tranquillo che, dallo loro prospettiva, si interrompe solo alla prima resurrezione verso la vita eterna, o alla seconda resurrezione verso la distruzione eterna. E grazie a quello che ha fatto Gesù, possiamo scegliere la prima opzione ovvero la morte come solo un momento di riposo silenzioso prima della risurrezione per la vita eterna.
Questa è la verità descritta nella Parola di Dio. E, al di là del mio dogmatismo, non c’è niente di poco importante o di ambiguo a riguardo.
Clifford Goldstein è l’editore della guida agli studi della Scuola del Sabato. Il suo ultimo libro “Baptizing the Devil: Evolution and the Seduction of Christianity” (letteralmente, Battezzare il diavolo: l’evoluzione e la seduzione del cristianesimo) è disponibile presso la casa editrice Pacific Press.
Di Clifford Goldstein
Fonte: http://www.adventistreview.org/church-news/story5956-dogmatic-about-death
Tradotto da Tiziana Calà