Come Dio si relaziona con i ribelli

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Dio e i ribelli

Lezioni tratte da Giona

 

Spartaco è uno dei ribelli più celebri della storia e non è difficile capirne il perché. Questo schiavo trasformato in gladiatore guidò una delle rivolte di schiavi più riuscite della storia romana. Armati inizialmente di utensili da cucina e di un forte desiderio di libertà, lui e i suoi compagni gladiatori evasero dalla prigionia, formarono un esercito e tennero testa alle forze romane battaglia dopo battaglia. Umiliato e desideroso di porre fine alla rivolta, il senato romano incaricò Marco Crasso, un potente generale, di reprimere la ribellione.

Spartaco combatté coraggiosamente, ma alla fine lui e il suo esercito ribelle non riuscirono a resistere alla devastante macchina da guerra romana. Come trattò Roma i sopravvissuti? Ne crocifisse 6.000 lungo la via Appia, tappezzando la strada principale con i corpi dei ribelli come brutale promemoria del prezzo della sfida. Per Roma, trattare con i ribelli era semplice: bastava annientarli, distruggere chiunque si opponesse allo stato.

A volte, credo che vediamo la giustizia di Dio in modo simile. Quando pecchiamo o ci allontaniamo da lui, ci aspettiamo che Dio risponda come fece Roma: con una punizione rapida, forse addirittura con il rifiuto. Stranamente, anche Giona aveva una visione simile di Dio. Si aspettava l’ira; si aspettava il giudizio. E questa aspettativa sbagliata ha influenzato tutto ciò che ha fatto.

 

L’aspettativa di Giona: giustizia per i ribelli

Quando Dio ordinò a Giona di andare a Ninive, egli non solo esitò, ma scappò. Non voleva prendere parte a quella missione. Giona sapeva esattamente cosa Dio gli stava chiedendo. Un avvertimento a Ninive implicava un invito al pentimento. E se i Niniviti si fossero pentiti, Dio avrebbe mostrato loro misericordia. Per Giona, questo era impensabile. Ninive era una città nota per la sua violenza e crudeltà, soprattutto nei confronti d’Israele. Nella sua mente, Ninive non poteva essere salvata. Non meritavano la misericordia, ma solo la punizione.

Così, Giona corse nella direzione opposta. Era così convinto della sua visione della giustizia che preferì fuggire piuttosto che ricoprire un ruolo di grazia nei confronti dei suoi nemici. Non voleva avere nulla a che fare con un Dio che avrebbe perdonato persone come i niniviti.

Ciò che accade dopo è affascinante. Una violenta tempesta si scatena mentre Giona è su una nave diretta a Tarsis. Mentre i marinai sono in preda al panico e pregano le loro divinità, Giona, il profeta, l’uomo di Dio, tace. Colui che avrebbe dovuto pregare è deciso a rimanere in silenzio. Perché? Perché Giona crede che i ribelli meritino una punizione e la tempesta sembra la giusta conseguenza del suo peccato.

Nel tentativo di salvarsi, i marinai tirano a sorte per scoprire il responsabile della tempesta e la sorte cade su Giona. Quando lo affrontano, Giona non chiede pietà. Al contrario, dice loro: “Prendetemi e gettatemi in mare, e il mare si calmerà per voi; perché io so che questa gran tempesta vi piomba addosso per causa mia” (Giona 1:12). Giona accetta il suo destino. Crede di aver peccato contro Dio e di meritare di pagare per questo. “Mi sono ribellato”, pensa, “e i ribelli meritano di essere puniti”. Essere gettato in mare in piena tempesta aveva senso per lui.

 

L’inaspettata compassione di Dio

Proprio quando i marinai stanno per gettare Giona in mare, continuano a cercare di salvarlo. Nonostante la volontà di Giona di morire, i marinai remano più forte, sperando di raggiungere la riva e di risparmiargli così la vita. Ma la tempesta non fa che peggiorare. Alla fine, con una preghiera di perdono a Dio, gettano Giona in mare e subito le acque si calmano. Giona comincia ad affondare, aspettandosi che questa sia la fine.

Ma la risposta di Dio non è quella che Giona si aspetta. Invece di lasciarlo annegare, Dio “chiama” un grande pesce per inghiottire Giona. Per Giona, questo pesce potrebbe sembrare il colpo finale, un’altra forma di punizione. Tuttavia, si rivela essere il modo in cui Dio lo salva. La stessa cosa che Giona pensava ponesse fine alla sua vita, diventa in realtà la sua salvezza. Questo grande pesce, che avrebbe potuto essere visto come uno strumento di ira, è in realtà uno strumento di grazia.

Nel ventre del pesce, qualcosa cambia in Giona. Per la prima volta nella storia, egli prega: “Quando la vita veniva meno in me, io mi sono ricordato del Signore e la mia preghiera è giunta fino a te, nel tuo tempio santo” (Giona 2:8). Giona si rende conto che la sua vita è stata risparmiata, non perché l’abbia guadagnata o meritata, ma per la misericordia di Dio.

 

La compassione di Dio verso tutti

Alla fine, dopo essere stato sputato dal pesce, Giona sceglie di ubbidire. Porta il messaggio del giudizio a Ninive. Con grande stupore di Giona, il popolo risponde; tutti si pentono e Dio risparmia la città.

Questa è la parte del carattere di Dio che Giona fatica ancora ad accettare. La compassione di Dio non si esaurisce con Israele, ma si estende anche ai suoi nemici. Giona si aspettava che Dio trattasse Ninive come Roma trattava i ribelli di Spartaco, con una punizione rapida e ben meritata. Ma il desiderio di Dio non è quello di distruggere, bensì di redimere. L’amore di Dio non traccia linee di demarcazione tra chi è degno e chi no. La sua misericordia arriva più lontano di quanto Giona potesse immaginare.

Giona si sente frustrato, persino arrabbiato con Dio per aver risparmiato Ninive. “Sapevo infatti che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all’ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato” (Giona 4:2). È quasi come se Giona dicesse: “Questo è esattamente ciò che temevo”. Giona voleva l’ira, voleva giustizia. Ma Dio, fedele al suo carattere, sceglie la misericordia.

Attraverso questa storia, vediamo un Dio il cui cuore è più grande dei nostri ristretti concetti di giustizia. La rabbia di Dio verso il peccato è reale, ma non prevale sulla sua compassione per il peccatore.

 

Come Dio si relaziona con i ribelli

La storia di Giona ci costringe a riconsiderare il modo in cui Dio bilancia giustizia e misericordia. Giona si aspettava una punizione, per sé e per Ninive, ma Dio rispose con grazia. Tuttavia, Giona non riuscì a conciliare questa grazia con il suo senso di giustizia, lasciandolo arrabbiato e amareggiato.

Confrontatelo con un altro ribelle: Pietro. Dopo aver rinnegato Gesù, Pietro si aspettava il rifiuto. Nella sua vergogna, tornò a pescare, tornò alla sua vecchia vita. Ma qualche giorno dopo, Gesù lo invitò a fare colazione sulla riva del mare. A differenza di Giona, Pietro saltò fuori dalla barca e cadde ai piedi di Gesù.

La dissonanza nella storia di Giona è quasi assordante; la sua lotta con la grazia di Dio ci mette di fronte a una dura verità: a volte sono io il ribelle. E a volte è difficile comprendere la determinazione di Dio a salvare persone che considero i miei peggiori nemici. Ma forse la verità più sorprendente è questa: la grazia di Dio non si limita a coloro che pensiamo lo meritino. Si estende ai ribelli, ai fuggiaschi e persino a coloro che consideriamo nemici. La stessa misericordia che ha salvato Giona e Ninive è disponibile per voi oggi. La accetterete?

 

 

Di Rodlie Ortiz, D.Min., è il pastore della chiesa avventista di Loveland, Colorado.

Fonte: https://adventistreview.org/theology/sabbath-school/how-god-deals-with-rebels/

Traduzione: Tiziana Calà

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