“Poiché non c’è nulla di nascosto che non debba manifestarsi, né di segreto che non debba essere conosciuto e venire alla luce” (Lc 8:17).
Ci sono aspetti della nostra vita che conosciamo noi e Dio, e che gli altri non conoscono. Ci sono altresì delle cose che noi ignoriamo e che Dio e gli altri conoscono. Ci sono poi aspetti di reciproca conoscenza. Ci sono anche emozioni che abbiamo rimosso dalla nostra coscienza (colpe, rabbia, frustrazioni, ecc.), ma che Dio conosce. Infine, ci sono cose della nostra vita disattese da noi e dagli altri, che conosce solo Dio. Per esempio le interazioni familiari della nostra infanzia.
“Si tenne il giudizio e i libri furono aperti” (Dn 7: 9,10). Indubbiamente, l’espressione non va presa in senso letterale, ma figurato. Il significato sta nel loro contenuto. D’altra parte Dio non è uno smemorato che ha bisogno di scrivere su carta ogni azione della nostra vita. È onnisciente, oltre a essere onnipresente e onnipotente.
La “memoria” di Dio è divina e infinita. In essa è impressa il nostro vissuto, sia quello esteriore, caratterizzato dai fatti, sia quello interiore, dove si annidano le nostre ombre, come anche i nostri pensieri più reconditi, quelli inconfessati che in qualche modo contraddicono il fare e il dire (Sl 19:12).
Ecco perché dovremmo valutare con serietà il giudizio e considerare con sagacia l’offerta della salvezza in Gesù Cristo. Non si tratta di un gioco in cui si può vincere o perdere. Noi siamo già perduti per l’eternità a causa del peccato (Rm 5:12), ma di cogliere il dono della vita eterna (Rm 6:23), prima di tornare ad essere polvere (Gn 3:19).
In Apocalisse troviamo una sorprendente beatitudine. La morte non è vissuta come fine ultimo dell’esistenza, ma come una liberazione dalla sofferenza, dalle angosce e dalla stessa paura di morire, nella prospettiva della risurrezione, rappresentata dalla mietitura (Ap 14: 14-20). «Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essi si riposano dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono» (Ap 14:13).
Nel giorno in cui ci addormenteremo come saranno le nostre opere? Il nostro stile di vita sarà stato tale da indurre il Signore a pronunciare le seguenti parole: «Tu, va’ pure alla tua fine e riposa: ti alzerai per la tua sorte alla fine dei giorni» (Dn 12:13). Nel giorno in cui Gesù ritornerà, il nostro nome sarà scritto nel libro della vita e delle memorie (Ap 3:5; Mal 3: 16)?
Francesco Zenzale
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