Il mondo visto dalla croce

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Per alcuni dei testimoni della crocifissione, le parole di Gesù, pronunciate mentre era inchiodato alla croce, erano piene di significato. Altri hanno minimizzato o negato il loro significato. Le sue parole dividono ancora oggi le persone. Ma le affermazioni fatte da Gesù in quelle poche ore sono una chiave importante per comprendere il suo messaggio.

 

Elementari e semplici, le parole traevano il loro valore non solo dalla qualità morale dell’oratore, dalla sua duplice natura, divino e umana, ma anche dal contesto e dalla motivazione della loro espressione. Durante l’agonia di quasi sei ore, Gesù non si concentrò nemmeno per un attimo su se stesso. Le parole di Gesù crocifisso sono parte integrante della nostra percezione del Dio incarnato: il divino e l’umano sono intrecciati in Cristo, che è sia Figlio di Dio che Figlio dell’uomo.

Potrebbero esserci state altre parole di Gesù, ma abbiamo solo i resoconti degli evangelisti. Matteo cita solo un episodio (raccontato anche da Marco), mentre Luca e Giovanni riempiono il vocabolario della croce con tre frasi ciascuno. Forse, se Pietro e gli altri apostoli non fossero fuggiti nelle circostanze dell’arresto, i Vangeli avrebbero fornito un quadro più dettagliato degli ultimi momenti della vita di Cristo.

 

La preghiera di intercessione

“Gesù diceva: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34).

 

Queste parole sono riportate solo dall’evangelista Luca. Il venerdì, verso le 9 del mattino, dopo che la processione aveva raggiunto il Golgota, iniziò il calvario. Mentre i soldati romani lo inchiodavano alla croce, Cristo intercedeva per loro (anche) presso il Padre. Il suo atteggiamento è sorprendente. Gesù è completamente privo di risentimento, anche alla presenza crudele di coloro che stavano per mettere a morte il suo corpo. Ha pregato per il loro perdono prima che si rendessero conto di aver sbagliato. Commentando quanto detto da Gesù, il teologo Gerhard Maier afferma che l’esempio culminante della brutalità ha incontrato l’esempio culminante dell’amore.

Gesù ha dato vita a un nuovo modo di morire. I carnefici erano ormai abituati, certo. Ma Gesù muore in modo originale, atipico, senza che i suoi aguzzini si rendano conto della dimensione spirituale di ciò che si stava svolgendo davanti a loro. Si è discusso sui beneficiari di questa preghiera di Gesù. Erano i romani o i giudei? Queste parole erano rivolte principalmente ai soldati romani, ma avrebbero potuto essere rivolte anche al gruppo dei discepoli, in particolare a Pietro, che lo aveva già tradito tre volte. In realtà, l’intera nazione ebraica aveva bisogno di questa preghiera: i farisei, gli scribi, i capi dei sacerdoti. Anche la folla che lo aveva applaudito qualche giorno prima avrebbe potuto identificarsi con questa preghiera. Presenti o assenti, tutti erano coinvolti in qualche modo e nessuno poteva sottrarsi alla propria responsabilità.

In un certo senso, le parole pronunciate da Cristo sulla croce concludono e arricchiscono il cerchio dei suoi insegnamenti. Tutto si riunisce in un sistema unitario e indissolubile. Gesù è la Parola e vive la Parola. La coerenza tra ciò che ha predicato durante il suo ministero e il suo comportamento di fronte alla morte imminente è stimolante. La sua intercessione per le persone ignoranti o malintenzionate che lo avevano inchiodato alla croce è coerente con il suo insegnamento: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Matteo 5:44). Dietrich Bonhoeffer, vittima della persecuzione nazista, diceva che pregando per loro, facciamo per loro quello che non sanno fare per se stessi. Naturalmente, la preghiera del Redentore dell’umanità non poteva avere un effetto solo locale e limitato nel tempo. La richiesta di perdono rivolta al Padre per coloro che lo hanno crocifisso includeva l’intera umanità, spesso colpevole di rievocare la sua crocifissione con atti dolosi.

 

La promessa più bella

“Ed egli [Gesù] gli disse: Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso” (Luca 23:43).

 

Ancora una volta è Luca a riportare questa promessa di Gesù. Pur essendo in agonia, con il corpo appeso alla croce, il Figlio dell’uomo ci sorprende con la sua gentilezza verso un comune ladrone. Il suo atteggiamento dimostra che, anche nell’ora più difficile, si compiaceva di ascoltare ciò che c’era nel cuore delle persone. Il ladrone ha mostrato una fede maggiore del discepolo Tommaso, che era stato con Gesù per tre anni e mezzo e ancora dubitava. Luca dipinge un quadro di vero e profondo consiglio spirituale: un peccatore muore accanto al Figlio di Dio, muore con lui, ed egli lo accompagna nella morte, promettendogli la risurrezione dai morti, resa possibile dal sacrificio ancora da compiere. Per questo Gesù è venuto sulla terra: per cercare chi è perduto. Anche mentre toglieva i peccati del mondo, stava già avendo un impatto, garantendo la salvezza a un ladrone che cercava disperatamente la pace e il perdono.

C’è qualche disaccordo sul significato di questa promessa di Gesù. Secondo alcune traduzioni, la dichiarazione di Gesù suonava così: “Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso”. Il ladrone non andò in paradiso con Cristo quel venerdì, perché la domenica di risurrezione Gesù stesso disse a Maria Maddalena: “Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre” (Giovanni 20:17). Il fulcro della promessa di Gesù al ladrone non è “in cielo” o “oggi”, ma nell’espressione “con me”. Il ladrone pentito ha fatto tesoro delle parole di Gesù e il suo atteggiamento rivela l’essenza della vita cristiana. Il pietista Johann Albrecht Bengel (1687-1752) disse che sarebbe stato malvagio scherzare con questa grazia.

 

L’amore di una madre, l’amore di un figlio

“Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco tua madre! E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua” (Giovanni 19:26-27).

 

La presenza di Maria ha segnato sia l’inizio sia la fine della missione pubblica di Gesù. Era presente alle nozze di Cana, dove gli chiese di provvedere alle necessità degli sposi, ed era presente sul Golgota quando la sua anima fu trafitta dalla spada della morte (cfr. Luca 2:35). Al momento della morte di Gesù, Maria era probabilmente già vedova e bisognosa di aiuto. Giovanni, il discepolo che Gesù amava (cfr. Giovanni 13:23), l’unico che rimase accanto al suo Maestro durante la sua passione, era lì. Gesù gli affidò la responsabilità di prendersi cura di sua madre e Giovanni accolse la richiesta del Maestro e la realizzò. Quando Gesù si avvicinò alla morte, fu attento a stabilire nuovi legami familiari e a delegare le responsabilità di protezione. “Giovanni trovò una nuova madre e Maria un nuovo figlio”, osserva il pastore Peter Toon. Anche se nudo e inchiodato alla croce, Gesù pensava prima di tutto ai bisogni degli altri. Le sue sofferenze e le sue necessità non gli impedirono di notare i bisogni degli altri. Gesù lasciò la sua casa terrena in buon ordine.

 

“E, verso l’ora nona, Gesù gridò a gran voce: Elì, Elì, lamà sabactàni, cioè: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27:46).

 

“L’ora nona” corrisponde alle tre del pomeriggio. Le parole sconvolgenti pronunciate da Gesù erano l’adempimento di una profezia: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Te ne stai lontano, senza soccorrermi, senza dare ascolto alle parole del mio gemito!” (Salmo 22:1). Portando il peso del peccato, Gesù ha vissuto l’unico momento di separazione dal Padre. Si è fidato del Padre, ma si è sentito solo. Oltre al dolore fisico della flagellazione, del trasporto della pesante croce e della crocifissione, Gesù ha affrontato un tormento infinitamente più grande: la separazione dal Padre, come diretta conseguenza dell’aver preso su di sé il peccato. Questo è stato il prezzo pagato per l’orrore del peccato. Il legame eterno tra il Padre e il Figlio è stato spezzato dal peccato umano e, per pochi istanti, l’eternità è stata divisa in due.

Gesù che grida a Dio dalle tenebre è il contrario dell’immagine della sua nascita. Quando il Figlio di Dio si è incarnato, la notte era illuminata dalla presenza degli angeli, e quando è morto, il giorno è stato segnato da un’oscurità innaturale che è durata tre ore e ha coperto tutta la terra. Anche se avvolta dalle tenebre fisiche e dall’oscurità del peccato, la morte di Gesù ha illuminato il futuro dell’umanità decaduta con la speranza della salvezza dal peccato.

 

L’acqua della vita ha sete

“Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era già compiuta, affinché si adempisse la Scrittura, disse: Ho sete” (Giovanni 19:28).

 

Durante le prime ore della crocifissione, Gesù dovette sopportare il calore del sole e la sua posizione sulla croce gli rese molto difficile respirare. Il calore e la disidratazione resero la sua sete insopportabile. Come Figlio dell’uomo, che portava nel suo corpo i limiti dell’umanità, sentiva la sete consumarsi. Gesù era un uomo, nella carne, e sentiva i tormenti che sopportava come li avrebbe sentiti qualsiasi altro uomo al suo posto. “Ho sete”, disse, e i soldati gli offrirono una spugna imbevuta di aceto (cfr. Giovanni 19:29). Volendo mantenere la mente lucida, Gesù rifiutò la loro offerta. Ma la sete confessata da Gesù aveva un significato che andava oltre la sete fisica. Queste parole, che esprimevano ancora una volta il lato umano del suo essere, erano impregnate dello spirito devozionale di un giudeo abituato alle preghiere dei Salmi: “L’anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente” (Salmo 42:2). Il Salvatore aveva sete del Padre suo.

 

Missione compiuta

“Quando Gesù ebbe preso l’aceto, disse: È compiuto! E chinato il capo rese lo spirito” (Giovanni 19:30).

 

La parola usata in greco è tetelestai, con i seguenti significati: “È fatto”, “È finito”, “È compiuto”, “È giunto a compimento”, “È stato pagato”, “Ha fatto il suo corso”. Il grido “È compiuto!” non è un sospiro di sollievo o una liberazione dai legami della sofferenza, ma è l’annuncio della vittoria, del compimento del piano di Dio fatto prima della creazione del mondo: il piano della salvezza.

Questa breve frase di Gesù sulla croce suggerisce che egli non è morto con rassegnazione, ma con un’esclamazione trionfale sulle labbra, convinto che la missione affidatagli dal Padre e motivata dal suo amore per l’umanità fosse stata compiuta. Finis coronat opus.

 

Pensiero finale

“Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio. Detto questo, spirò” (Luca 23:46).

 

Le prime e le ultime parole pronunciate dalla croce erano rivolte al Padre. Peter Toon osserva che mentre le prime erano una preghiera che chiedeva perdono a nome degli altri, le ultime erano una preghiera serale ebraica che suggeriva la pace. Il dramma del calvario, iniziato con la concretizzazione del perdono, si è concluso con la vittoria assoluta che porta una pace indistruttibile. La sua sofferenza era quasi finita. Solo pochi istanti lo separavano dalla morte. Ma Gesù era sicuro che il suo sacrificio sarebbe stato accettato dal Padre e ha lasciato che la morte lo abbracciasse, sapendo di essere nelle mani del Padre.

 

Parole in forma di croce

In quanto detto sulla croce, la Parola, il Logos incarnato, si rivela in un atteggiamento che conferma il sistema di valori che ha proclamato durante tutta la sua vita. La congruenza tra il Vangelo annunciato e la sua realizzazione nella sua vita (e morte) è più che evidente.

Sebbene le parole pronunciate fossero tra le più semplici e umane, i testimoni hanno visto una genesi, una rinascita del vocabolario, le parole della Parola che prendono la forma della croce. Da un lato, le parole di Gesù sono verticali, formano un vero e proprio axis mundi. Il Salvatore in agonia domina gli eventi con la forza che può venire solo dalla comunione con il Padre celeste. Quattro delle sette frasi sono rivolte al Padre. D’altra parte, tutte le sue parole riguardano il suo profondo coinvolgimento nella vita terrena. Le prime tre affermazioni sottolineavano il ruolo del perdono e della preoccupazione per gli altri, mentre le ultime quattro erano espressioni del successo della redenzione del mondo dal peccato.

Due millenni dopo le memorabili parole della passione di Gesù Cristo, l’eco delle sue parole trafigge l’esistenza delle coscienze cristiane. Per il lettore della Bibbia è importante comprendere gli errori degli ignoranti o degli schernitori e, discernendo i veri ingredienti della Pasqua, sfruttare la potenza del Logos divino sacrificato per noi sulla croce. Ecco, popolo mio, il tuo Salvatore!

 

 

Di Mădălin Avramescu

Fonte: https://st.network/analysis/top/the-world-seen-from-the-cross-jesus.html

Traduzione: Tiziana Calà

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