Chiedere scusa è una delle cose più dignitose che una persona possa fare quando ha fatto qualcosa di sbagliato. Ma chiedere perdono a Dio è molto di più: è inchinarsi alla più alta autorità. Cosa dobbiamo sapere quando chiediamo perdono a Dio?
Definito nella Bibbia come giusto, vero, santo e colui che “non può essere tentato dal male” (Giacomo 1:13-14), Dio si trova faccia a faccia con gli esseri umani senza obblighi. Quando le persone guardano al cielo e dicono: “Perdonami”, devono essere consapevoli che Dio non deve loro nulla. Quando eravamo piccoli e i nostri genitori o insegnanti ci sorprendevano a comportarci male, spesso ci giustificavamo dicendo che non eravamo stati noi a cominciare, ma qualcun altro che ci aveva provocato. Ma tali circostanze, anche se forse parzialmente attenuanti, non obbligano Dio a perdonarci. Se ci perdona, è per il suo carattere, non per un nostro merito. La Bibbia dice che tutti abbiamo peccato (cfr. Romani 3:23).
Sebbene Dio non sia esternamente obbligato a perdonarci, la Bibbia lo ritrae più che disposto a trascurare le nostre offese e a darci la possibilità di ricominciare.
Ecco alcuni dei modi più importanti in cui il Dio cristiano tratta i peccatori.
In un dialogo con il profeta Mosè, che voleva saperne di più sulla grandezza e la nobiltà di Dio, il Sovrano del cielo gli rispose così: “Il Signore! Il Signore! Il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente; che punisce l’iniquità dei padri sopra i figli e sopra i figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazione!” (Esodo 34:6-7).
Se c’è una qualità o un atteggiamento con cui Dio vuole descriversi o presentarsi, è la misericordia, la compassione e la giustizia, facce della stessa qualità di base: l’amore capace di perdonare.
Dio è sempre stato così, ma questo suo atteggiamento di accoglienza e di riconciliazione non risplende mai come nei momenti in cui il suo popolo si è davvero allontanato da lui a causa dei suoi peccati. Due esempi molto eloquenti sono le testimonianze dei profeti Isaia e Michea, quando Dio fa al suo popolo un’offerta difficile da rifiutare per chi vuole riconciliarsi.
Isaia dice quanto segue: “Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al Signore che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare” (Isaia 55:7). L’affermazione che Dio “non si stanca di perdonare” è preziosa. È un’immagine davvero travolgente di un Dio sovrano che non è vincolato da nulla di esterno, e che tuttavia raggiunge il peccatore in cerca di pace con un atteggiamento di misericordia e di perdono. Naturalmente, il profeta sottolinea anche che Dio ritiene che la vera ricerca del perdono sia accompagnata dalla determinazione a rinunciare al male commesso (in azioni o in pensieri). In questo caso, il cielo è pronto a far piovere grazia e misericordia.
Il profeta Michea, invece, paragona il Dio d’Israele alle divinità delle nazioni pagane, che dovevano essere placate con molti sacrifici per concedere il perdono: “Quale Dio è come te, che perdoni l’iniquità e passi sopra alla colpa del resto della tua eredità? Egli non serba la sua ira per sempre, perché si compiace di usare misericordia. Egli tornerà ad avere pietà di noi, metterà sotto i suoi piedi le nostre colpe e getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati” (Michea 7:18-19).
Diverse immagini in questo passo meritano un’attenzione particolare. Di tutti gli dei delle nazioni, solo uno “si compiace di usare misericordia”: il Dio d’Israele. E non si limita a perdonare. La cosa più difficile da fare quando qualcuno ci ha fatto un torto è dimenticare. A volte nemmeno una cattiva memoria umana può cancellare completamente il ricordo del torto subito. Come può Dio onnisciente fare questo? La promessa fatta attraverso Michea dice che Dio “metterà sotto i suoi piedi” i nostri peccati e ciò che ne rimane sarà gettato “in fondo al mare”. Il Dio della Scrittura è deciso a distruggere non solo il peccato, ma anche il suo ricordo. Il Dio onnisciente ci tratterà come se non avessimo mai fatto nulla di male. Come un relitto si nasconde in fondo all’oceano, così i peccati perdonati vengono dimenticati per sempre.
Nel Nuovo Testamento la situazione non è affatto diversa. Gesù ha dichiarato che “ogni peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini; ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata” (Matteo 12:31). Non c’è peccato commesso che la misericordia di Dio non possa coprire e rimuovere. Non c’è bisogno di fare esempi di peccati. Gesù ha detto che “ogni peccato” sarà perdonato.
Tuttavia, vorrei dire qualcosa che spesso tortura la coscienza del peccatore. Cosa succede al peccato ripetuto? Cosa succede alla persona che è diventata dipendente e commette qualcosa che non vuole più fare, ma che sembra non ne possa fare a meno? Questi peccati sono perdonati? Gesù ha detto “ogni peccato”. Quindi sì! Ma ricordiamo ciò che Dio ha detto attraverso Isaia: “Lasci l’empio la sua via” (Isaia 55:7). Dio è sempre interessato al cambiamento del peccatore.
Finché i peccatori si impegnano nell’opera di trasformazione, anche se commettono ancora degli errori, Dio non rifiuterà la loro richiesta di perdono mentre procedono lungo il cammino della trasformazione in bene.
L’apostolo Paolo è ben consapevole di questa lotta. Nella sua lettera ai cristiani di Roma, scritta verso la metà degli anni ‘60 del primo secolo cristiano, l’apostolo descrive come Dio reagisce al moltiplicarsi del peccato nella vita di una persona. È piuttosto sorprendente per gli standard umani. Paolo dice: “Dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata” (Romani 5:20). Sebbene Dio sia ferito dall’allontanamento del peccatore dalla moralità della sua legge, risponde con la grazia. Dopo il sacrificio di Gesù, il Padre celeste non ha alcuna risposta al peccato di chi si pente, se non il perdono.
Verso la fine del primo secolo, un altro scrittore, l’ultimo degli apostoli sopravvissuti, Giovanni, scrisse: “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Giovanni 1:9); “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Giovanni 2:1-2).
Il punto chiave di quanto detto finora è che Dio rimane amore fino alla fine, e quando si chiede di perdonare “fino a settanta volte sette” (Matteo 18:22), Dio lo farà a maggior ragione.
Cosa non può perdonare Dio?
Sebbene l’amore di Dio per il peccatore non cambi con l’aggiunta di altri peccati, c’è una fine alla misericordia divina, meglio espressa nella lettera agli Ebrei: “Chi trasgredisce la legge di Mosè viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quale peggior castigo, a vostro parere, sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio, che avrà considerato profano il sangue del patto con il quale è stato santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?” (Ebrei 10:28-29).
Qui viene fatto un confronto tra la legge di Mosè e, chiamiamola così, la legge del perdono attraverso la morte di Gesù. L’autore osserva che per i reati più gravi causati dalla violazione della legge di Mosè, il colpevole veniva spietatamente messo a morte. Il fatto che ora viviamo sotto la protezione della morte salvifica di Gesù non significa che possiamo fare qualsiasi cosa ed essere perdonati all’infinito. Il limite è fissato dai peccatori. Se ignorano il perdono e si fanno beffe della grazia, non solo saranno puniti, ma soffriranno più che se fossero uccisi (come nel caso della legge di Mosè). È un’allusione alla morte eterna come salario del peccato (cfr. Romani 6:23).
Coraggio e fiducia
La conclusione può essere tratta solo da Ebrei 4:16, dove l’autore ci esorta come segue: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno”.
Non riesco a trovare un’illustrazione migliore di questa fiducia che la parabola del figliol prodigo in Luca 15. Un figlio spende tutto il denaro ereditato e finisce straccione e affamato in una terra lontana, nonostante abbia un lavoro. In questa condizione di miseria, si rende conto che, anche se fosse partito per fare un dispetto al padre, a casa sarebbe stato bene almeno quanto gli schiavi del padre, che ora stavano meglio di lui. Questo perché il padre era un padrone buono, giusto e ragionevole. Il figliol prodigo decide di tornare e la sua intuizione non lo delude: il padre, simbolo del Padre celeste, lo aspettava da tempo, lo accoglie come un figlio e non come uno schiavo e festeggia il suo ritorno con una grande festa.
Per concludere, vorrei lasciare all’immaginazione del lettore le seguenti immagini: un’ape che si sente schiacciata nel palmo della mano vi pungerà prima del suo ultimo respiro; un fiore profumato profumerà il tallone che lo schiaccia. Il perdono divino è il profumo che il cuore ferito di Dio dona al colpevole, affinché sia avvolto da un nuovo destino.
Di Laurentiu Moţ, che invita il lettore a riflettere sul ricco tema del perdono divino, forse la migliore notizia che la Sacra Scrittura abbia da offrire.
Fonte: https://st.network/analysis/top/how-should-i-apologise.html
Traduzione: Tiziana Calà