Conforto silenzioso

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Parlare non è sempre necessario.

 

Avevo quasi dimenticato chi fosse. Avevamo frequentato la stessa chiesa, ma interagivamo raramente. Si chiamava Laura*. Dopo qualche tempo, lei e suo marito smisero di frequentare la chiesa e, una volta partiti per l’università, non li vidi né pensai più a loro finché un giorno, mentre ero a casa per le vacanze scolastiche, mia madre mi disse che dovevamo andare a trovare Laura: stava morendo per una malattia terminale. Accettai di andare, era la cosa giusta da fare.

 

Cosa dire?

Ben presto, però, cominciò a insinuarsi un senso di disagio. Le situazioni che coinvolgono la morte, la malattia grave o la sofferenza mi trasformano in un’adolescente impacciata, che non sa cosa dire o fare se non fissare e sorridere cercando nervosamente una rapida uscita. Mentre andavamo a casa di Laura, facemmo una breve sosta in un negozio di alimentari e mia madre entrò, forse per prendere un bigliettino da donare. Mentre aspettavo in macchina, presi la Bibbia nella speranza di trovare qualche ispirazione su cosa dire per consolare una donna morente. “Dio, aiutami a sapere cosa dire a Laura”, pregai. “Non ho le parole giuste per questa situazione. Ti prego di mostrarmele. Nel nome di Gesù, amen”.

In quel momento Dio mi portò alla memoria un brano della Scrittura, tratto da 2 Corinzi 4:16-18. Era un brano che cantavamo spesso all’università. “Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne”.

“Grazie, Dio!”, espirai con sollievo. “Ora so cosa condividere con Laura”. Ero grata per la preghiera esaudita e sollevata perché finalmente avevo qualcosa da dire. Non sapevo che Dio avrebbe cambiato le carte in tavola molto presto.

 

Prima di parlare

Quando arrivammo a casa di Laura, suo marito ci accolse e noi lo seguimmo nel soggiorno, dove lei era distesa su una poltrona reclinabile. Era pallida e magra, con una piccola coperta che la teneva calda e comoda. Era triste da vedere e quei sentimenti imbarazzanti cercavano di sopraffarmi: sii forte, Mayri; fatti coraggio, pensai, scuotendomi internamente. Mentre ci sedevamo e iniziavamo a conversare, ammiravo la capacità di mia madre di dire le cose giuste. Nel frattempo, mi preparai mentalmente al momento giusto per condividere i versetti della Bibbia che Dio mi aveva mostrato. Mi assicurai tranquillamente che il testo della Scrittura le avrebbe sicuramente portato il necessario conforto. I miei pensieri di auto-preparazione furono improvvisamente interrotti da una voce debole ma sicura. “Mayri, prendi la Bibbia sul tavolo laggiù”.

Dopo aver preso la Bibbia, grande e usurata, mi sedetti accanto a lei. La cosa successiva che disse mi sorprese piacevolmente: “Vai a 2 Corinzi 4:16-18 e leggi questi versetti per me”. Un piccolo sorriso si insinuò sul mio volto mentre leggevo i versetti ad alta voce, gli stessi che Dio mi aveva mostrato mentre andavo a casa di Laura.

Mi ringraziò per la lettura, poi mi disse che quelli erano alcuni dei suoi versetti preferiti e che avevano un significato speciale per lei in questo periodo di sofferenza. Rimasi ammutolita dalla meravigliosa realtà che Dio aveva parlato per me e a me, attraverso lei. Ero arrivata con l’intenzione di essere una benedizione per lei, ma finii per essere benedetta da lei. Il resto della conversazione è scomparso dalla mia memoria. Poche settimane dopo, la sua momentanea sofferenza finì nel sonno. Spero che i suoi ultimi momenti siano stati sereni e che un giorno io possa ringraziarla per aver portato saggezza nella mia vita.

 

Ascoltare con attenzione

Ogni volta che leggo 2 Corinzi 4:16-18 penso a Laura. Quell’esperienza mi ha insegnato che non dovrei preoccuparmi tanto di ciò che dovrei dire a chi sta soffrendo o morendo, ma dare il conforto silenzioso della compagnia e dell’empatia, e lasciare che siano loro a parlare a me.

Spesso pensiamo che i momenti di dolore e sofferenza siano l’occasione perfetta per condividere parole di saggezza, versetti biblici e frasi motivazionali. Ma forse è il momento di fare silenzio, di lasciare che la Parola vivente e l’amorevole Consolatore di Dio parlino attraverso la nostra presenza, le lacrime condivise, i caldi abbracci e gli atti di amore paziente. Forse è il momento di ascoltare più che di parlare, di immedesimarci negli altri e nel loro processo di lutto, di vedere Dio all’opera nella loro vita.

Come possiamo dare questo tipo di conforto? Perché ci è stato dato gratuitamente da Dio stesso. Il testo di 2 Corinzi 1:3-4 ci dice: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione affinché, mediante la consolazione con la quale siamo noi stessi da Dio consolati, possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione”.

Che tutti noi, nella nostra momentanea afflizione, possiamo testimoniare l’invisibile e l’eterno attraverso i modi in cui amiamo, confortiamo e ci addoloriamo.

 

 

*Non è il suo vero nome.

 

 

Di Mayri Clarke, che scrive dal Tennessee.

Fonte: https://adventistreview.org/perspectives/culture/silent-comfort/

Traduzione: Tiziana Calà

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